sabato 29 marzo 2014

Beata influenza!

"Beata inflienza!"... Così scrive Gina Lagorio, nella sua opera intitolata Inventario (Milano, Rizzoli, 1997), dove la convalescenza viene rappresentata come occasione per legittime trasgressioni ai "doveri" quotidiani, per lecite abbandoni ai piaceri dell'otioum, il "riposo impegnato", come "sciali faraonici di letture non finalizzate al lavoro e alle convenzioni sociali" (p. 55).
Niente di più vero, niente di più ingannevole...
Noi donne siamo naturalmente votate (condannate?) alla cura, all'accudimento, alla premura, perciò anche quando potremmo godere di buona tempra e salute di ferro, subiamo "per transitività" gli effetti di acciacchi e malanni altrui...

La stessa autrice scrive:
La cura appartiene alle donne [...] in famiglia prima, e nel mondo poi. Così ho incontrato cortei di virus, festival di germi, enciclopedie di malanni [...]. Qualche volta [...] dicevo: "Un giorno o l'altro mi verrà un coccolone", ma erano parole, e già la domestica ironia implicita nel nome ne negava l'assunto. Sempre di coccole del destino si trattava, un po' ruvide magari, ma srmpre coccole. (Gina Lagorio, Càpita, Milano Garzanti, 2005, p. 11).
Alla minima variazione di temperatura, al più piccolo accenno di raffreddore, fidanzati, mariti, conviventi, compagni, amanti si sgretolano davanti ai nostri occhi, ci cadono in grembo come Marte abbandonato tra le braccia di Venere e ci guardano imploranti, come se fossimo le custodi di tutti i segreti della scienza medica e della taumaturgia. Poi arrivano i figli che, non appena usciti dal regno  asettico delle copertine sterilizzate e dei pupazzetti bolliti e disinfettati, ci ortano a casa dalla scuola materna nuguli di batteri, sciami di virus, colonie di funghi, comitive di spore, bacilli, vermi, pidocchi... Un party continuo, che costringe i nostri globuli bianchi a un lavoro a tempo pieno!
Come se non bastasse, nei casi più "fortunati" ci si mettono anche gli animali domestici: ho una vicina di casa che convive con una gatta stitica, epilettica e cieca da un occhio, e con un cagnolino pieno di intolleranze alimentari, con un'infezione cronica alle orecchie e disturbi da stess postraumatico per essere stato abbandonato dai precedenti proprietari...
Infine ci sono i genitori che reclamano silenziosamente un po' di quella legittima attenzione che meritano per tutte le cure riservateci quando eravamo noi ad averne bisogno...

Fortunatamente, non dovendo convivere con la peste bubbonica ma con più banali esantematiche come morbillo, varicella e rosolia, emicranie, e al massimo qualche ernietta... riusciamo a trascinarci (noi curatrici) almeno all'età della menopausa senza incorrere in 18 esaurimenti nervosi e senza sviluppare anticorpi grandi come elicotteri!
Santità? Magia? No. Spirito di sopravvivenza e capacità di adattamento. Abbiamo imparato la virtù della tolleranza verso i malati, reali e "immaginari", desiderosi di attenzione o bisognosi di coccole, allergici alla solitudine, portatori sani di insicurezza o malinconia, oltre che affetti da qualche bacilloo o virus dal nome assurdo e simpatico (generalmente un'infilata di lettere lunga mezzo metro, in spavalda contraddizione con la dimensione microscopica dell'essere chiamato a individuare: Paramyxovirus, Streptococcus Pyogenes, e simili). 

Così come ci siamo trasformate in topini dei denti per rendere meno traumatica la perdita del primo incisivo, in fate mescenti pozioni che rendono "forti e coraggiosi" per somministrare sciroppi, in narratrici di fiabe che trasformano ogni sera lettini in navi incantate che veleggiano verso la dimensione dei sogni per rendere meno spaventoso il buio, allo stesso modo abbiamo saputo fare della convalescenza (nostra e altrui) una circostanza di "eccezione", una possibilità di "pausa", una parentesi all'interno dell'incessante discorso della vita ordinaria: un salotto caldo e morbido  riservato a pochi "privilegiati" che hanno attenuto uno speciale ma temporaneo "permesso".
Quando il malanno non è grave, la convalescenza (cioè tutta la fase intermedia che separa lo strisciare dal letto alla poltrona, ciabbattando per casa con vestaglia, occhiaie, colorito da gallina bollita e capelli da Medusa dalla completa guarigione) costituisce un piacevole, obbligatorio, momento di stasi, un'esclusione forzata dal mondo della praticità produttiva: è tempo per se stesse...per fare abbuffate di libri e riviste (lecito in questi casi spaziare da Prous a Danna Moderna), impigrirsi davanti a programmi tv che mai si guarderebbero nei momenti di lucidità mentale, starsene disordinate, stropicciate, anche (volendo) dopate di farmaci! Possiamo addirittura dare retta a qualche speranzoso centralinista della Telecom, che sarà piacevolmente sorpreso di scoprirsi ascoltato anzichè mandato al diavolo dalla nostra voce nasale! Nei casi più provvidenziali un bel virus gastro-intestinale di fine stagione può anche contribuire nello smaltimento degli eccessi natalizi...
Quante volte ci capitano occasioni del genere??? Carpe diem!
Insomma... noi donne abbiamo proprio imparato a vedere la boccetta dello sciroppo mezza piena...
MA (un "ma" che insinui qualche dubbio in tutto questo ottimismo è doveroso!) noi fanciulle affette dalla sindrome di Wonder Woman abbiamo un difetto congenito: così come siamo abituate a svolgere contemporaneamente cinque o sei attività, così abbiama talvolta la pessima trovata. per risparmiare tempo, di sobbarcarci il peso di due o tre patologie nello stesso tempo. Anche in questo frangente è l'indole della massaia operosa che domina! Ma attebzione: non tutti i morbi vanno d'accordo l'uno con l'altro, nè possono convivere nello stesso organismo senza provocare effetti collaterali degni del "bugiardino" più catastrofistico!
Se vogliamo che la nostra convalescenza sia un accogliente salotto, dobbiamo impegnarci ad "arredarlo" con un minimo di buon senso (che, a parte Arlecchino o Moira Orfei, accosterebbe mai u sofà a strisce con cuscini a points e tende a fiori?). 
Non è una lezione di design ma una verità sacrosanta, come sto sperimentando proprio in questi giorni... Ho avuto il colpo di genio di accogliere la primavera sommando una bella sindrome influenzale, con tutto il corredo di febbre, nausea, dolori dalle ciglia in giù (anche a muscoli che neppure sapevo di avere!) e "sedute plenarie di gabinetto", con i postumi dell'intervento laser che "dovrebbe" avermi fritto le cornee e corretto la miopia...

Risultato: mi annoio come un'adolescente in castigo: reclusa in casa; niente TV (dallo schermo mi separa una cortina di nebbia! Tutt'al più posso immaginare i fotogrammi sulla base dei dialoghi, o fare esercizio di reminescenza, guardando repliche di repliche di film già visti!), niente passatempi (che bene o male richiedono tutti l'uso degli occhi!!!). 

Non posso nemmeno assecondare la mia natura gattesca e starmene assisa sul davanzale interno del salotto a guardare fuori, perchè rifuggo la luce come un vampiro (e da stasera, con l'orario legale, luce piena fino alle 21.00! Gioia per le mie pupille!), nè ronfare sul divano perchè ogni 20 minuti un allarme mi ricorda che è ora del collirio: sarebbe tanto comodo lasciare gli occhi in ammollo come due sottaceti in un vasetto di vetro (immagine ricorrente in tanti film horror)... e invece no, devo innaffiarmi costantemente...e non ho buona mira...

Aspetti positivi  della situazione:
  1. Grazie al cielo dalla mia immagine riflessa nello specchio mi separa un muro di nebbia...perchè non devo essere proprio uno spettacolo con gli occhi da rospo...
  2. Posso indossare occhiali da sole da diva di Hollywood anche se piove, senza sentirmi in colpa di fronte allo sguardo di chi mi osserva con un punto interrogativo dipinto in fronte..
Ora chiudo, perchè la palpebra cala di fronte allo schermo, un allarme suona, una boccetta attende... Due gocce per occhio... aprire, mirare, fuoco! ...chiudere, deglutire... ripetere.








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