Da «adulescere» a «zoccolaggine»: 1.500 nuove
parole nello Zingarelli 2014.
New-entries:
«inzitellito», «rosicone», «shortino» e «hasthtag»
Mentre il termine
«rottamatore» si arricchisce del significato di «renziano»…
Il vocabolario della lingua italiana vanta un
patrimonio stimato tra i 215 e i 270.000 vocaboli (sebbene le parole “dicibili e scrivibili”, cioè le “forme di lessemi” siano più di 2 milioni); un
numero in costante aumento viste le continue acquisizioni che il lessico
fagocita: neologismi, prestiti interlinguistici, neoformazioni, prestiti dal
linguaggio tecnico o giovanile, lessico settoriale, voci gergali, regionalismi
e dialettismi divenuti d’uso, alterazioni (mediante prefissi, infissi
e suffissi).
Di questa promiscuità lessicale, 47.000
vocaboli costituiscono il cosiddetto “linguaggio comune”… insomma l’italiano pret
a porter, alla portata di tutti gli individui che
abbiano superato la fase di alogon zoon (“animale afono”); le statistiche ne
concedono 6.500-7.000, il cosiddetto “vocabolario di base” che copre il 95% dei
discorsi comuni a coloro che non siano proprio capre spinte fuori dal sistema
scolastico a calci nel didietro, di cui 2.000 voci costituiscono il lessico
detto “fondamentale” (insomma quello che di poco ci discosta da “Fido”). Chi invece avesse
qualche aspirazione "erudita" dovrebbe locupletare il proprio
vocabolario con altre 2.500 voci considerate di livello medio-alto (quello che
copre appena il 6 % dei nostri discorsi) … il fatto che comprenda «idiota» e «impaurire» ci restituisce la catastrofica immagine della competenza linguistica
italiana...
La colpa? Ricominciare la tiritera di scuola,
famiglia, TV, giornalisti analfabeti, ecc. è
"anacronistico", "obsoleto" (e
chi non sa cosa vuol dire se lo vada pure a cercare sul dizionario!).
Non voglio qui addentrarmi nel ginepraio
della polemica, anche perchè non ho alcuna velleità di "cruscante" e l'unica "crusca" che al momento
rientra nell'orizzonte dei miei interessi è quella (con la minuscola) contenuta nel muesli della colazione; sullo sfacelo dell'italiano "standard"
(definizione accattivante per indicare la diffusa ignoranza camuffata da
"consuetudine" comunicativa) mi soffermerò un'altra volta.
Però mi concedo una breve considerazione: noi poveri esseri umani evolviamo
dallo stato animale e ci conquistiamo la dignità
di essere finalmente considerati creature razionali
dal momento in cui cominciamo a padroneggiare il linguaggio, per esprimere
pensieri, volontà, consapevolezza mediata di noi stessi e del mondo che ci circonda… Nel momento in cui
smettiamo di balbettare “Ua-Ua” e cominciamo a chiedere “Acqua” e quando anche per noi il "bau" diventa un "cane",
ci conquistiamo a pieno titolo l’ammissione nella comunità degli esemplari
senzienti.
Eppure non si sa per quale strana evoluzione,
per un verso o per un altro, finiamo con l’esprimerci come dei ruminanti trogloditi o
come dei veri e propri alieni col cervello sciroppato dalle radiazioni dei
cellulari. E mentre le "Tre corone", i padri del dialetto fiorentino
trecentesco, si rivoltano nei loro sepolcri noi ci affidiamo agli Smart
phone: i cellulari “intelligenti”, tanto che riescono a
sapere prima e meglio di noi cosa intendiamo scrivere al nostro interlocutore
virtuale e accorrono in soccorso della nostra incompetenza linguistica con
provvidenziali “suggerimenti”. Pazienza se poi invece di un “consiglio” inviamo un “coniglio” e invece che imporre a
qualcuno “smettila” gli chiediamo un “alettone”… conserviamo i neuroni in gelatina, non si sa mai che un domani potremo
venderli o cederli in comodato d’uso…
“Tvb, kk, tt, nn, xkè, wfq”, ecc…Avanguardismo linguistico? No, soltanto che
col nuovo millennio siamo diventati non solo intolleranti al glutine e al
lattosio ma anche allergici alle vocali e alla subordinazione; le care buone
vecchie proposizioni relative, completive, infinitive oggettive…!!! Chi le ricorda più? Oggi tirano forte italiano standard
e lo stile “brillante”, giornalistico e un po’ antipatico... Ed è la diaspora dei
significati!
Tornando al nostro vocabolario interiore:
della sterminata varietà linguistica potenzialmente disponibile, dobbiamo togliere la percentuale
delle parole che non conosciamo (cioè quelle udendo le quali assumiamo la significativa espressione da triglia
bollita) e quella delle voci che ci asteniamo dal pronunciare (o perché pur essendo giunte alle
nostre orecchie non sapremmo inserirle correttamente in un discorso o per
evitare che il 98% dei nostri interlocutori le interpreti come primo sintomo
di un nostro ictus imminente... o dia
un'occhiata alle nostre spalle per scoprire se ci sta spuntando la coda a
seguito di un rapimento alieno!). Ci sono poi le parole che tutti sanno, dicono
e pensano, ma da cui sono ufficialmente “astemi”: per esempio le parolacce, più o meno “raffinate” o i “neologismi domestici”, fenomeni associativi
per cui l’accappatoio diventa acchiappa-topi e il dentifricio
si trasforma in un discriminante dentifrocio, oppure con un’immotivata “metatesi” le pantofole si mutano in panfotole.
Sono i nostri salvagenti mentali, gli
strumenti che ci inventiamo per sublimare le nostre carenze espressive e
tappare i vuoti lessicali: tutti noi abbiamo (più
o meno consapevolmente) un vero e proprio
"sgabuzzino" interiore, in cui releghiamo scope e parole. Ci
ficchiamo dentro, destinandole a immeritato oblio anche quella sfilza di
termini che ci costringono a imparare in prima elementare e il cui unico scopo
apparente è quello di far divertire sadiche maestre, mentre correggono disastrosi
dettati a colpi di penna rossa.
Esempio: "soqquadro". É una di quelle parole
che suonano simpaticamente inutili (se non a scopo illustrativo) che ti
insegnano insieme a far germogliare le lenticchie nelle confezioni delle uova
riempite di ovatta (come se la massima aspirazione di tutti gli alunni di sei
anni per il loro futuro fosse quella di avviarne una coltivazione domestica,
affermando la propria autarchia alimentare!) e che sai già che userai un paio di
volte al massimo in tutta la vita, e che entrambe le volte suderai freddo di
fronte alla chimera della doppia Q!!!
Ma anche al trauma del "soqquadro"
si sopravvive... così come si supera il dilemma tra valige o valigie, coscenza
o coscienza, familiare o famigliare... Finiamo le
elementari, ci barcameniamo tra medie e superiori... I più ambiziosi (o i figli di
genitori ambiziosi) finiscono all'università
per conquistarsi qualche altro acrostico da
premettere al proprio cognome. Il mondo pullula di "Avv.",
"Dott.", "Arch.", "Ing." che non hanno ancora
superato l'epoca in cui coltivavano lenticchie nell'ovatta e non sanno che
l'"abbrivio" non è uno dei sintomi dell'influenza, che l'"Alchermes" non è un paese del Medio
Oriente, la "Salmonella" non
viene servita come antipasto nei ristoranti di lusso e che essere
"automuniti" non significa avere un deficit fisico
inguaribile...
Forse allora, ripensandoci, le maestre che
tentavano di iniziarci alla coltivazione dei legumi avevano lungimiranza sui
tanti somari che avrebbero fatto meglio a sostenere l'agricoltura nazionale
piuttosto che ad appollaiarsi dietro alle scrivanie dandosi aria di gran
signori. Eppure ormai si sa: anche alle piante bisogna parlare... e con un
vocabolario sterile come l'Atacama, al massimo possiamo sperare che cresca
qualche cactus o una colonia di licheni...