mercoledì 19 giugno 2013

La guerra, finalmente!

La guerra, finalmente!
Laurana Berra

I libri dello Zelig
2013, MobyDick, Faenza
€ 11,00 

Appena pubblicato, l'ultimo libro di Laurana Berra è una raccolta di brevi sguardi nella quale, con la cordialità di scrittura che caratterizza anche le sue precedenti opere, l'autrice presta la propria voce a personaggi diversi per età, sesso, condizione sociale, accomunati dall'esperienza della guerra e del fascismo, protagonisti in vario modo del "buio" delle "nere notti di un'adolescenza senza luce, chiusa nelle tenebre come in un sudario funebre". 
Con grande sensibilità la scrittrice restituisce alla pagina le "giovani voci galleggianti nell'oscurità in mille bolle di vita", voci strette da una sotterranea "fratellanza", e che tuttavia non hanno "nulla in comune tranne la guerra, qualche sogno, quel grande buio e una giovinezza di cui in quel momento non sanno che cosa farsene".
La guerra e il Regime sono guardati, nella loro "realtà circense", dalla dimensione sognante dell'infanzia nei primi racconti, e poi via via tragicamente compresi e fatti oggetto di drammatica consapevolezza in quelli successivi, con una progressione che riflette la diversa età e condizione dei personaggi; tutti in qualche modo posti di fronte a una prova d'iniziazione che li porta a una dolorosa e più o meno cosciente maturazione interiore.
L'esperienza dolorosa del contatto con il mondo adulto della guerra, della politica, del Potere, della morte, si insinua prepotentemente tra i motivi dell'amicizia, dell'adolescenza "con i suoi timori, le attese, gli struggimenti, i primi sospiri d'amore"; creando fratture indelebili nell'innocenza di un'infanzia che tuttavia riesce a mantenere la propria gioiosa inconsapevolezza, a "crearsi un solido fortino in cui trovare rifugio", fino all'ingresso forzato in una dolorosa adultità, negli ultimi racconti.
Ogni sentimento e pensiero viene reso in modo onesto e coerente dalla scrittrice, che si fa da parte per lasciare spazio al punto di vista dei suoi personaggi, forse ritrovando proprio attraverso essi l'unità di quel "susseguirsi di flash" che è la vita, come è scritto nella premessa al libro. 
Le "voci" si alternano ai silenzi carichi di significato di una narratrice, che non dice mai più del necessario, non si sofferma sulle conseguenze brutali del vissuto di alcuni dei suoi protagonisti, ma sa concedere al suo racconto qualche nota umoristica a margine (come il riferimento alla "cioccolata autarchica", al "caffè...tutto cicoria" o ai dolci come "pallottole gialle con in cima uno sbuffo biancastro che voleva simulare la panna montata (ma forse era) dentifricio alla menta") e qualche frammento di vera poesia; così i "coriandoli di un verde carnevale" primaverile si capovolgono nell'immagine del "prato di verde smeraldo" dipinto attorno al foro di un proiettile, la luce del mattino "ricompone il mondo" nonostante il male di un'epoca in cui "non conoscevi la gente, non sapevi con chi avevi a che fare, le divise rendevano tutti uguali. Ogni parola poteva essere fraintesa, ogni gesto ritenuto una provocazione".
In questo "bailamme bellico" la vita si riprende i suoi spazi, riconquistandoli alla morte, alle "salvifiche bombe" dispensate "generosamente dagli alleati", resiste divisa tra un "prima" e un "dopo" (la perdita. la fuga, la lontanaza, la paura), tra una sponda e l'altra della Storia. Ogni frammento è una testimonianza dei gesti di umanità istintiva, degli slanci di generosità imprudente, del desiderio di contatto, grazie ai quali la giovinezza resiste alla guerra e la scrittura si fa davvero "ancora di salvezza" per se stessi e per tutti, strumento per riallacciare i frammenti dei propri ricordi e cercare il senso della Storia, del mondo, della nostra cenere.

    

domenica 9 giugno 2013

La campanella silente...

Oggi la campanella tace, non si sgola riecheggiando per i corridoi dall'atmosfera un po' ospedaliera delle scuole. Sta zitta. E non solo perchè è domenica; protrarrà il suo afasico sciopero per almeno tre mesi. Perchè è finita la scuola, da ieri, e per i più fortunati già da due giorni.
Guardando fuori dalla finestra immagino il cielo invaso da tante piccole "Zzzzzz..." (invisibili) da fumetto... scappate dalle stanze di studenti che, pronti a mandare il cervello in standby per tutta l'estate, si godono il letargo nel limbo che separa la fine delle lezioni dalla consegna delle pagelle con relativi debiti-crediti-tasso di interesse?... (nella scuola di oggi non ci si capisce più niente e più che di voti sembra di studenti sembra di parlare di pacchetti azionari!).

Ma "è finita la scuola" oppure "la scuola è finita"?
Sottigliezza linguistica rivelatrice di un grande dilemma.

Se lo chiedono in tanti. 
Nell'ultimo saggio che mi è capitato di recensire (Norberto Bottani, "Requiem per la scuola (?)", Bologna, Il Mulino) l'interrogativo assume una sfumatura ironico-apocalittica: la scuola si è suicidata? E' defunta o agonizzante? Dobbiamo rassegnarci a staccarle la spina, piangere sulle spoglie della cara estinta e celebrarne le esequie? O c'è ancora speranza per un'iniezione miracolosa di vita e spazio per un suo intelligente restyling? E ancora: si può fare a meno della Scuola? Dipende...
Si può fare a meno della cultura? No.

Ma scuola-istruzione-cultura non sono termini legati da un rapporto logico-causale nè di implicazione reciproca. 
E su questo ci possiamo mettere mani e piedi sul fuoco; basta farsi un giretto esplorativo su facebook e dare una scorsa allo "stile letterario" impiegato dagli attuali giovani-studenti-(ex), per rendersi conto dei "frutti" prodotti dall'albero dell'istruzione attuale. Se poi si passa agli articoli di quotidiani e riviste (che si suppongono scritti da fior di laureati o giornalisti "coronati", quegli individui un po' spocchiosi, che si vantano del titolo di intellettuali, quando la loro competenza in fatto di "lettere" dovrebbe limitarsi a quelle magnetiche che si attaccano sul frigo per ricordarsi di comprare il prezzemolo!) viene voglia di piangere. Non c'è una virgola al suo posto nemmeno per spaglio, strafalcioni grammaticali a manciate e una sintassi penosa nella quale il cervello dello sventurato lettore annaspa, annega, si perde alla ricerca del filo di Arianna perduto. E la notizia evapora.

Alla luce di un anno di drammatiche ripetizioni, imposte a ciucci di diverso calibro, da genitori spinti ad un livello più o meno elevato di disperazione (alla prospettiva di una pagella piena di X come una schedina del Totocalcio!) posso dire che licet strapparsi i capelli!
Ho visto cose che non potreste nemmeno immaginare!!!
Temi insulsi e insignificanti, errori che rivelano un'ignoranza catastrofica (trampolini dai quali la logica precipita  lungo una scarpata oceanica chilometrica per inabissarsi in un buco nero, aspiratore di ogni possibilità di recupero), una capacità di ragionamento piena di falle ampie come il buco nell'ozono e un totale disinteresse per il mondo (sia quello della pagina scritta sia quello reale circostante). 

Un esempio: (Storia) parlando del pensiero e dell'orizzonte ideologico medievali, in cui la superstizione dominava imperante e l'interpretazione allegorica della realtà determinava una mancata distinzione tra dati reali ed elementi tratti dal mito e dalla leggenda e depositatisi nell'immaginario collettivo, siamo inciampati nell'affermazione: "Un grifone era reale quanto un leone". Al che ho avuto la malaugurata idea di chiedere "Hai capito cosa vuol dire?". Risposta: "Sì, che il grifone (definito dal pargolo come "Uccello notoriamente usato per la caccia"... la confusione col falcone è sottintesa) era molto costoso, come un leone, e quindi solo i re potevano permettersi di acquistarlo".
.... 
(ogni commento è superfluo!)

Ma quello che più mi stupisce e mi allarma è la "bestiaggine" e la totale mancanza di buon senso rivelata dai professori, esibita non solo nelle plateali, pittoriche, correzioni a tinte forti sui compiti in classe (pagine che finiscono con l'assomigliare a un campo di battaglia navale) ma nella totale imbecilità dei compiti assegnati!!! 
Domanda a cui rispondere per iscritto: "Perchè gli dei erano filosofi?".
Giuro che cinque anni di liceo classico e altri cinque di Lettere Moderne non sono bastati perchè sapessi rispondere (sarò vittima anch'io della mala-Scuola???). Ma che domanda è?????
Oppure: compito per le vacanze di Natale: tutta la parafrasi del Canto IX dell'Inferno. Ma a che scopo?
Già la "parafrasi" è di per sè un'operazione demenziale, il modo più efficace per scempiare la poesia; prescriverla solo per la ragione che non si sa cos'altro far fare agli studenti affinchè non si godano le vacanze è il massimo! Il modo migliore perchè al termine dell'istruzione obbligatoria facciano un bel falò di classici e si ritirino a trafficare oppio nel Triangolo d'Oro!

Ma non è tutto. 

A nessun sedicenne, nemmeno al più leopardiano amante dello studio masochistico si può imporre, nel corso dell'anno, l'analisi di CINQUANTA sonetti di Petrarca! Io stessa che l'ho aiutato a svolgerla, sono ormai perseguitata dall'immagine di Laura seduta sulle rive del Sorga, sotto la pioggia di petali... e vorrei annegarcela in quel ruscelletto! Lei e quell'altra Beatrice!  Piantala di fare la sostenuta e concedi sto saluto al povero Dante, così la finiamo!!!
Quante volte, per sopravvivere alle 2 ore di lettura monotona e singhiozzante di versi trecenteschi, per sopravvivere alla sofferenza, mi sono ritrovata a immaginarmi le due fanciulle mentre litigano ferocemente e si accapigliano strappandosi i boccoli d'oro!!! Modernizziamo l'immagine della donna angelicata!

Ci sono poi temi, che ora non si chiamano più temi, bensì (con una differenza che si è rivelata fondamentale per la solidità della cultura dello studente del terzo millennio) "argomentazioni". Che poi l'argomento sia del tutto in-argomentabile è un dettaglio che bisognerà affrontare di fronte al muto foglio bianco, inchiostrato solo dall'incipit Nome-Classe-Data.

"Descrivi il tuo piatto preferito"
Contributo all'evoluzione della letteratura italiana zero, interesse per l'umanità -25!

Oppure:
"Parla di una boccetta di profumo"

Panico.
"Una boccetta di profumo è un oggetto". 
Bene, ottimo inizio. Che altro? Cos'altro si potrà mai dire su un oggetto che non è neppure il profumo in sè (distillato affascinante sul quale sono stati scritti trattati e romanzi), ma proprio il contenitore! Bisogna ingegnarsi! E siccome io ho tanta fantasia (unico strumento di sopravvivenza alle avversità della vita e rimedio contro l'inacidimento del fegato), ecco a cosa sono approdata:

"Strano ma vero, è possibile affezionarsi anche a una boccetta di profumo"

Dopo aver esalato l'ultima spruzzata, è rimasta a lungo a guardarmi, nella sua vuota trasparenza, dalla mensola del bagno, dandomi il Buongiorno ogni mattina e scrutandomi con l'aria interrogativa (che ha assunto da quando ha smarrito il suo cappuccio) come a dire "Che ci faccio ancora qui?". Non sembra vergognarsi della sua semi-nudità; mantata solo di un'etichetta trasparente recante un antico nome di battesimo non più leggibile, che lascia vedere il suo scheletro di plastica e, al suo interno, ancora un residuo di linfa vitale che non è mai riuscito a risalire la sua flessuosa spina dorsale, restando sul fondo in perpetuo ricordo della sua distillata inutilità.
E adesso posso anche farmi assumere dalla Mulino Bianco per completare le storie scritte in epigrafe sui sacchetti dei biscotti, incipit privi di seguito, avventure inconcluse da anni, che ogni mattina mi fanno andare di traverso un Pandistelle o un CuordiMela, per il cruccio di non sapere come andrà a finire! Voglio anch'io le mie Favole moderne!