venerdì 20 marzo 2015

giovedì 19 marzo 2015

What's new?

E' quasi primavera, ed è lecito avere voglia di cambiamento! 
Così, mentre sui rami spuntano le morbide gemme e nella mia testa frullano idee nuove, tra pulizie di Pasqua ed eliminazione di metaforiche foglie secche dalla mia vita, ho sradicato l'Albero delle Polpette e dato vita a un nuovo blog!!! 
Vi invito quindi a proseguire le vostre letture su http://modasenzabito.blogspot.it/, che nonostante il titolo "modaiolo", non ha nulla a che fare col "fashion", ma solo col fascino della vita quotidiana, osservata e raccontata con la solita ironia!!!

Vi aspetto

Chiara

lunedì 9 marzo 2015

5 buone ragioni per leggere le riviste femminili.

Sì, la carta patinata luccica e tutte noi donne (che condividono l'istinto della gazza-ladra) ne siamo affascinate, così come siamo attratte anche dai gioielli e dai dolci; eppure abbiamo imparato a resistere... Le cose costose o sono lussi che ci concediamo solo in occasioni particolari: quando siamo molto felici o molto depresse, così salvaguardiamo sia il conto in banca che la linea. In circostanze "normali" non ci feriamo adoranti davanti alle vetrine dei gioiellieri né saccheggiamo pasticcerie! Per quanto riguarda le riviste femminili, vie di mezzo tra l'almanacco e il sussidiario scolastico, a volte di comprarle non ci viene neppure in mente; sui fatti di politica e cronaca ci aggiorniamo via TG o radio prima di uscire di casa  mentre andiamo al lavoro;  sul gossip ci ragguagliano abbondantemente il barista che ci prepara il cappuccino, la parrucchiera mentre ci spunta la frangia, le colleghe pettegole durante la pausa pranzo; e se avvertiamo un estemporaneo bisogno di sapere come si contrastano i radicali liberi, c'è google sempre disponibile anche 
sul nostro smartphone. Eppure leggere le riviste femminili ci assicura alcuni preziosi (e talvolta insospettati) vantaggi:
 
1. Non spaventare gli uomini. 
É inutile negarlo: gli uomini (anche i più lontani dall'australopithecus) assumono un atteggiamento molto diverso nei confronti di una donzella che si aggira per la giungla metropolitana come una pecora fuori contesto, in abiti da ninfa, piuttosto che davanti a una lottatrice di wrestling in tuta mimetica. Questo perché geneticamente, ad eccezione degli amanti del sadomaso, gli uomini preferiscono le fatine zuccherose e un po' svampite (se anche un po' sceme meglio così si sentono più intelligenti) a quelle che "portano i pantaloni" e affrontano il mondo corazzate di spregiudicata indipendenza; le donne che oltre ai tipici femminei connotati (aurei capelli, bocche carnose, candido petto e magari qualche altra fattezza piacevole su cui posare lo sguardo) esibiscono polso, spirito e metaforici "attributi", che non hanno bisogno di essere difese, accompagnate o soccorse ogni 4 minuti e mezzo, che guadagnano, scelgono, organizzano e che, se non riescono ad aprire un vasetto di sottaceti, imparano ad usare l'apriscatole! Se l'uomo che "non deve chiedere mai" affascina, la donna che si arrangia spaventa. E se ai nostri guys basta vedere una pulzella capace di fare il pieno all'auto da sola per sentirsi sconvolti nel profondo, è inevitabile che si terrorizzino alla vista di una rappresentante del gentil sesso che legge Il Sole 24 ore!!! ... 
Detto questo non dobbiamo rincretinire o vergognarci di possedere un cervello e di saperlo usare, anzi! Soltanto dobbiamo riuscire ad adeguare ogni attitudine alla giusta situazione: io ogni tanto ci provo a sviscerare le notizie del telegiornale delle 8.00 con mio marito e a discutere della guerra in Ucraina, della crisi internazionale, degli attentati terroristici e del surriscaldamento globale mentre lui si rade la barba e io mi passo il mascara...Non c'è storia! Non mi sente nemmeno! Oppure le poche sillabe che intercettano la sue frequenze gli fanno strabuzzare gli occhi e temere che durante la notte mi abbia rapita un UFO! Mentre la stessa conversazione iniziata in un'altra circostanza della giornata può evolvere fino a un gratificante litigio! Il tutto per dire che se volete essere avvicinate da quel tizio carino  timido come un capriolo che incrociate tutte le mattine sull'autobus non trinceratevi dietro un foglio 50x70, non estraete dalla borsetta un bazooka della stampa in quattro lingue, con colonne fitte di titoli di borsa, cifre, percentuali e grafici di funzioni! Non dico di portarsi dietro Harmony ma neppure un pitbull di carta!!!! 
NB. Vale anche per la Gazzetta dello sport; il fatto che sia rosa non la rende "rassicurante" e, a meno che abbiate come obiettivo conquistare il capo ultras di una squadra di calcio, non credo che otterreste l'effetto desiderato!

2.    Trarre consolazione dai difetti delle altre. 
Le donne sono perfide, innanzitutto con se stesse: sono giudici inflessibili, personal trainer spietate, life coach rigide come un agente SS; di fronte al proprio riflesso nello specchio non si lasciano sfuggire un difetto, nella condotta quotidiana si sottopongono ad esercizi psicofisici estenuanti, si torturano emotivamente, combattono professionalmente. Almeno il diritto di voto lo abbiamo ereditato, così ci è rimasto un pochino di tempo per frequentare il corso di yoga o perlustrare mercatini delle pulci... In tutto questo tran tran di torture autoinflitte e punizioni preventive per i peccati della nostra eventuale prossima vita, è terapeutico avere sott'occhio del materiale che ci distragga dalla nostra immagine e su cui poter scatenare la nostra attitudine ipercritica. Scoprire che anche le nostre "colleghe" consacrate come icone della femminilità moderna,  quintessenza dell'attuale ideale di bellezza hanno qualche cmq di buccia d'arancia, un po' di pelle moscia qui e là, e addirittura sporadici brufoli, è un vero trattamento benessere per la nostra autostima! E sebbene questo non serva ad ammorbidire il nostro spirito masochista (chissà perché l'erba del vicino ci appare più verde anche se ci si è riversata sopra una colata di cemento!), riscontrare che tempo e forza di gravità producono i loro impietosi effetti anche tra gl'idoli del piccolo e grande schermo, ci rincuora e ci fa temporaneamente perdonare a noi stesse il fatto di avere una consistenza corporea! 

3.    Conoscere le tendenze e trasgredirle.  
Bisogna sempre essere aggiornati sulle ultime tendenze... soprattutto per poterle trasgredire con cognizione di causa! Per capire da che parte tira il vento del fashion non basta schiacciare il naso sulle vetrine di tutti i negozi delle capitali della moda; bisogna sapere cosa succede nelle "alte sfere" dello styling e conoscere tutti i trabocchetti che qui vengono escogitati, per evitare le alzate di sopracciglia delle commesse un po' altezzose dei negozi di abbigliamento e decifrarne il gergo per capire che non ci stanno prendendo a parolacce! Per esempio: ormai non esistono più i colori; si parla di nuance...e ogni stagione ha la sua! Non si può entrare in una boutique e chiedere un capo o un accessorio banalmente "rosso"; bisogna specificare quale delle 36 gradazioni si intende: amaranto, carminio, ciliegia, corallo, cremisi, magenta, melograno, porpora, rosso cardinale, rosso mattone, rosso pompeiano, rosso Valentino, rosso veneziano, ruggine, scarlatto, terra cotta, vermiglio, ecc. In questo le riviste di moda fungono un po' da vangelo per profani, diffondendo la parola dei "profeti" del glamour a noi comuni mortali, che non "indossiamo" ma "ci abbigliamo", non "sfiliamo" ma "camminiamo", e non abbiamo "outfit" ma solo "vestiti"! In ogni caso, dal momento che la carta patinata non è il Corano, nessuno ci impone di credere indubitabilmente a quel che leggiamo e di agire di conseguenza: se le tinte pastello ci fanno assomigliare a una caricatura della regina d'Inghilterra o i cinturoni all'altezza della vita ci danno l'aspetto di una clessidra, abbiamo tutto il diritto di lasciar perdere! Ed è proprio così che riusciamo a elaborare un nostro "stile", che significa innanzitutto rifuggire lo stereotipo.

4. Prendere spunto. 
Qualsiasi mamma, moglie, fidanzata o single, più meno giovane, che non voglia appiattirsi sulla ripetitività del tran tran quotidiano, è sempre alla ricerca di nuove idee: cosa fare dopo il lavoro, che film scegliere al cinema, quale nuovo ristorante provare, a che eventi partecipare, ecc. 
Il nostro laboratorio prediletto è sicuramente la cucina, non solo in  quanto spazio fisico capace di trasformarsi all'occorrenza in camera oscura, sala ricreativa (per taglio e cucito, pittura su ceramica, pasta di sale, ecc), spazio bricolage, ufficio, deposito, serra, nursery, consultorio per amiche affrante, meeting room per le riunioni di famiglia. Ogni tanto però utilizziamo anche i fornelli secondo la loro originaria destinazione d'uso, e ci impegniamo nella sperimentazione culinaria con lo stesso ardore con cui coltiviamo piantine di legumi dentro lo scolapiatti... Quale occasione migliore di una cenetta tra amici per prodigarsi con qualche nuova ricetta? 
Beh, se in cerca di un input ci avventuriamo tra e pagine di un libro firmato da Sadler, non è improbabile che ci troviamo di fronte a manifesti dell'avanguardismo gastronomico, del tipo "Ravioli di farina di lenticchie, ripieni di ricotta di mandorle, conditi con clorofilla di spinaci, idea di aglio e aria d noce moscata". Oibò! Anche ammettendo che una abbia la buona lena di macinarsi da sola le lenticchie, la forza d'animo di assistere alla fermentazione del latte di mandorla e l'equilibrio interiore necessario a distillare la linfa degli ortaggi (su "idea di aglio" e "aria di noce moscata" non so pronunciarmi!), credo che i "tempi di preparazione" stimati (6-8 giorni) e il "livello di competenza" richiesto (diciamo almeno un diploma di istituto alberghiero, un paio di corsi di cucina professionale e una decade di esperienza presso qualche ristorante pluristellato) scoraggerebbero chiunque! 
Se il nostro scopo non è quello di aggiudicarci il Nobel per la cucina ma solo di sorprendere le papille gustative dei nostri ospiti, meglio rinunciare ai menù ermetici e ripiegare su pietanze "amichevoli", a base di ingredienti accessibili (niente caviale di lumaca, agar-agar o platano), con tempi di preparazione che non comprendano un'era geologica! E anche in questo le riviste femminili vengono in soccorso alla tua creatività: oltre a proporti lavoretti con materiali di recupero, insegnarti l'arte del decoupage o le tecniche dello stencil, o addirittura spiegarti come debellare le tarme o sostituire la corda della tapparella senza precipitare dal quinto piano, comprendono sempre un gruppetto di pagine raccolte sotto un titolo che è soprattutto una promessa rassicurante: "Strategie per non preparare la cena","Il fornello magico", "Pappa bella, buona e veloce", "Menu gourmet in 5 minuti", "Easy microonde", o simili.


5.  Sentirsi "normali".  
Tutte noi abbiamo le nostre "manie": convinzioni più o meno fondate, che possono  trasformarsi in veri e propri "rituali" e anche tramandarsi da una generazione all'altra insieme alla ricetta della pasta frolla e alla biancheria ricamata. 
Ma le nostre stranezze non sono nulla paragonate a quelle delle "stars", e saperlo ci libera in parte dal nostro senso di colpa; apprendere che Gwyneth Paltrow utilizza le "inalazioni vaginali" per sentirsi sessualmente appagata, Katy Holmes segue la dieta dei soli broccoli per rimettersi in forma e Angelina Jolie applica un siero al veleno di vipera per contrastare le rughe, ci rende improvvisamene orgogliose del nostro equilibrio mentale! 
A noi comuni mortali verrebbe mai in mente di farci affumicare le ovaie? 
Certo succede che per spirito di emulazione, qualche "creativo" si metta a giocare al Piccolo Chimico ed escogiti fantasiose reinterpretazioni dei classici "rimedi della nonna". Per questo il web straborda di "ricette miracolose", "pozioni magiche" che farebbero impallidire le streghe di Salem: lo "sciroppo allunga-capelli" (anche ammesso che funzioni -cosa di cui ho i miei leciti dubbi- sfido chiunque a buttar giù tutte le mattine uno shottino di acqua tiepida, aceto e miele senza sentirsi male!), gli impacchi per capelli a base di olio e miele (che una volta applicata e lasciata in posa due ore si toglie solo con l'acquaragia), la maschera antirughe all'uovo o direttamente alla maionese (che schifo...). 
Fortunatamente, consapevoli del fatto che oggi i "rimedi naturali" sono tornati di moda, anche gli autori delle riviste si sono adeguati, e in ogni pubblicazione offrono consigli di medicina dolce e cure omeopatiche, avvalendosi però della consulenza di esperti: soluzioni meno "futuristiche" ma provenienti da fonti più accreditate delle sciamano di turno. Ecco allora che le riviste possono salvarci anche dal rischio di finire intossicate, rapate come marines o puzzolenti di insalata russa!
 

domenica 8 marzo 2015

La palestra della felicità

Dal 6 al 29 marzo 2015 al Teatro Elfo Puccini




Testo Valentina Diana
Regia Elena Russo Arman
Musiche Alessandra Novaga
con Elana Russo Arman, Cristian Gianmarini
Produzione Teatro dell’Elfo
Prima nazionale


Anche alla felicità bisogna allenarsi, passando attraverso l’esercizio della rabbia, della violenza, del desiderio di sopraffazione; e dunque occorre una “palestra” in cui sfogare queste pulsioni, in cui sublimarle catarticamente e scaricare la tensione che suscitano sull’essere umano. Occorre un luogo “sospeso”, fuori dal tempo e dallo spazio reali, in cui vivono creature primordiali o provenienti dal futuro, in cui le teiere parlano (rivelando maggiore saggezza delle creature tradizionalmente reputate razionali) e in cui ci si uccide con pistole di plastica, e per tornare alla vita basta raccogliere una nuova maschera dal pavimento.
Sette scene e una sola storia che si ripete; «non c’è un inizio, non c’è una fine», solo un alternarsi di personaggi umoristici che mettono in scena la natura tragicomica dei rapporti umani: una madre che ossessiona il figlio («troppo sensibile, troppo delicato […] un perdente, un molle») con sproloqui insignificanti suscitati da un aneddoto sulle «cozze»; un donna col mal di testa che chiede al compagno perché, pur trovandola attraente, preferisce il corso di apnea piuttosto che dedicarle del tempo nel week end; un marito razzista e prevaricatore che schiaccia la moglie sotto il peso della sua cultura («Io ho studiato; ho sostenuto due esami sulle figure retoriche nel Petrarca e due esami di semiologia e critica lessicografica nei Vangeli apocrifi […] Se dico una cosa è perché la so […] Se non hai cultura non sei nessuno; tu non hai spessore, non esisti»); una coppia senza figli, con un «rapporto morboso» con i propri pesci («Gli fai del male con i tuoi comportamenti concessivi e lassisti, dandogli da mangiare di nascosto quintalate di plancton») ma di fatto incapace di riconoscersi («Chi sono io per te? […] Chi sei tu che porti la parrucca?») e perfino di litigare.

Vite qualsiasi in scenari domestici, dialoghi inconsistenti (talvolta trasformati in monologhi da personaggi troppo ingombranti), morti tragiche, eccessive e assurde; “scene” (in senso letterale) tenute insieme da due personaggi (Marta e il suo collega attore e aspirante innamorato) che si interrogano su come continuare la recita, su quale parte assumere in modo definitivo e su quale direzione dare alla trama. A loro è affidata la riflessione metateatrale sullo spettacolo fittizio quale “luogo” per dare forma e voce alle situazioni che nella vita realmente vissuta si caricano di un’assurdità, un’ironia e talvolta una tristezza che possono risultare insopportabili: «Se tu mi sposassi, almeno ci sarebbe una storia d’amore»; «Io non posso sposarmi […] l’amore non buca, la morte sì». Dunque il finale di ogni storia (recitata o reale), della vita stessa, del mondo intero, deve essere tragico, perché «quando sembra che non ci siano ostacoli, nessun apparente impedimento al compiersi della felicità, si verificano fraintendimenti, inceppi che ci lasciano tristi, basiti, senza parole: che fregatura».
Lo spettacolo (gli spettacoli?) sapientemente costruito ed egregiamente interpretato dai protagonisti, rappresenta allora una “palestra”, una parentesi di riflessione sull’«umanità che cammina» verso la felicità o la bellezza, portandosi dentro «un qualcosa, che non è propriamente una domanda» ma un desiderio, un bisogno, una ricerca d’impossibile onnipotenza…«mentre a casa, accartocciata in un angolo c’è la vita».
Elena Russo Arman e Cristian Gianmarini, nuovamente fianco a fianco sui palcoscenici dell’Elfo, prestano la loro arte agli appartenenti a questa umanità in cammino, assumendo personalità molteplici (tutte perfettamente credibili pur nella loro carica umoristica) e riservando un piccolo spazio al loro alter ego di artisti, attori che riflettono sull’obbligo di assumere maschere e sostenere il ritmo incalzante di una recitazione capace di garantire il colpo di scena, per non essere «buttati via» come «pedine inutili sulla scacchiera» della triste inutile impotenza umana.



lunedì 2 marzo 2015

Kamasutra fumé

«Nella battaglia del sesso gli amanti, accecati dalla passione e travolti dall'energia impetuosa non fanno attenzione ai pericoli» 
(Vatsyayana, Kamasutra, cap. 12, VI sec. ca)
«Com'è bello far l'amore...con la testa in giù» ... Così avrebbe cantato Raffaella Carrà se avesse assistito alla proiezione dell'ultimo "capolavoro" della filmografia internazionale!
Eh già, ne stanno (s)parlando che per solidarietà mi sento in dovere di associarmi anch'io con polemica gratuita; e per "gratuita" intendo letteralmente "a costo zero", perchè di spendere 12 euro per sciropparmi il film di Mrs James non ne ho avuto l'ardire; per valutarne il livello mi sono bastati il trailer e due o tre riassunti reperiti su web e giornali, le testimonianze dirette delle amiche che hanno letto il romanzo.
La trama è inverosimile, improbabile, assurda e insignificante; gli interpreti scontati, prevedibili, ripetitivi fino allo stereotipo: lei con il suo aspetto da cerbiatta spaventata, gli occhioni da peluche (ricorda vagamente Lucia Mondella), l'animo puro e il corpo casto, si affida al suo carnefice (il classico bellimbusto, tronfio come un pavone) e ne diviene volontariamente vittima, allo scopo di riscattare entrambi. Perché fin dal primo incontro la piccola Anastasia (così si legge in molte presentazioni della pellicola) "si rende conto che Christian è un uomo oscuro, il cui apparente splendore nasconde una persona piena di segreti." Un genio! E dire che non studia neppure una psicologa bensì Letteratura inglese!
Ora, qualcuno mi dica quante probabilità ci sono nella vita di una persona normale di vedersi chiedere dall'amica direttrice del giornale universitario, di sostituirla d'emblée per un'intervista a un amministratore delegato, ricco, giovane, (teoricamente) affascinante? Riuscire a sedurlo e finire per condividerne l'esistenza in una casa paragonabile alla Reggia di Versailles, per essere scarrozzata su auto di lusso, elicotteri, alianti acrobatici, ecc? Certo, tutto ha un "prezzo": il fascinoso magnate impone alla dolce pulzella l'iniziazione all'ars amatoria più perversa, al sesso circense, alla versione caricaturale dell'erotismo esotico. E lei, guarda un po', non sembra disprezzare la situazione, anzi: non solo si gode l'attimo, ma si convince di aver trovato la chiave per redimere il suo focoso (perverso) amante, liberandolo dai fantasmi di un'infanzia traumatica (capirai!). Su queste note, tra piroette e contorsioni, strumenti assurdi e godimenti incomprensibili, la vicenda procede fino all'abbandono finale da parte di lei, che si riscatta dalla sua volontaria sottomissione per scoprirsi, di fatto, "dominatrice". Ode alle donne di buona volontà!
Questo, in 20 righe, il succo insipido dell'intreccio, sul quale l'autrice è riuscita a scrivere tutta una trilogia e su cui l'industria cinematografica statunitense ha investito 40 milioni di dollari...
Il film è stato distribuito in 39 Paesi, ha incassato un totale di 311 milioni di dollari entro i primi otto giorni dall'uscita nelle sale (di cui 8,5 in Italia); sono stati veduti 2,75 milioni di biglietti, di cui 180.000 in prevendita! E la maggior parte degli spettatori sono di sesso femminile.
E va bene, dichiamolo dopo secoli, di pudico silenzio (e tacita bigottaggine), l'erotismo è diventato argomento trendy, cool, hard, in, conteso tra negozi di parrucchieri, bar, spa, centri estetici, uffici, mense, tram... Non so se dobbiamo ringraziare le femministe degli anni 60 e i loro falò di reggiseni (quanta biancheria vintage sprecata!) o i figli dei fiori.... Sta di fatto che dopo il primo "La" della liberazione sessuale, noi donne ci abbiamo costruito sopra tutta la scala musicale, completa di diesis e bemolle... In questo settore siamo arrivate tardi, così come siamo un po' anacronistiche in fatto di apparati riproduttivi e tabù correlati: fino a pochi anni fa si raccomandava di non lavarsi i capelli durante il periodo etichettato come "Quei giorni" e addirittura si riteneva che una donna non potesse svolgere il mestiere di medico, avvocato e poliziotta perché il ciclo ne avrebbe condizionato la capacità di giudizio!
Oggi abbiamo intrapreso un'opera di "svecchiamento" d'immagine dei nostri attributi, e siamo maggiormente consapevoli della loro (piacevole) utilità. Siamo un po' più "libere", curiose  ed "esigenti"... e siccome anche in quest'ambito la globalizzazione ha prodotto i suoi effetti, ci interessiamo di usanze orientali e tradizioni molto più antiche delle nostre favole a base di cavoli e cicogne. Certo, dal punto di vista "didattico" è interessante scoprire che secondo la cultura hindu esistono 8 modi di fare l'amore, e che ognuna prevede 8 posizioni, per un totale di 64 "Arti", ciascuna associata a un nome di animale e descritta nel famoso Kamasutra, vera e propria "guida tecnica" al godimento erotico scritta nel VI secolo d.C.  Ancora prima, figure femminili come l'imperatrice Cleopatra o la leggendaria regina assiro-babilonese Semiramide divennero famose per i la loro lussuria e la capacità di ammaliare i loro amanti. Omero racconta di come la bella maga Circe trasformasse gli uomini in animali, invece Ovidio, nel suo poema didascalico intitolato Ars amatoria offre agli uomini strategie di conquista delle donne e alle donne consigli su come attrarre il proprio amante.
Insomma l'argomento in se non è una novità, e di esibizioni eroiche più o meno pretenziose ne sono passate tante. Ognuno ha la propria da dire, come sui rimedi per la stitichezza o i modi migliori per cuocere il pesce... Pur non volendo trinciare giudizi, personalmente non so come si possa apprezzare il momento legati come un arrosto o avviluppati come una pianta epifita; anche a patto di avere ottime capacità di contorsione e la capacità di respirare con le orecchie, resta sempre l'elevato rischio di restare incastrati in posture poco raccomandabili e imbarazzati da spiegare al pronto soccorso...
Ma a parte questo, quello che fa riflettere è l'impazienza con cui nugoli di donne si sono assiepate a precipizio a far la fila davanti alle biglietterie nella speranza di vedere chissà che... Romanzo alla mano per spuntare le corrispondenze e rintracciare le discrepanze. Mi sfugge lo scopo di tanto entusiasmo... Un insospettabile ritorno del bisogno di favole? La speranza di un revival di Cenerentola in versione sadomaso, o di una rivisitazione licenziosa di Bianca Neve? Ci interessa la favola (che già sappiamo improbabile e irrealizzabile nella realtà) o gli orpelli piccanti di contorno? Cerchiamo sublimazione a desideri che non avremo mai né il coraggio né l'occasione di realizzare, o spunti da applicare nella vita reale? E insomma, servono 40 milioni di dollari per accendere l'immaginazione del pubblico con un po' di sesso strano? (peraltro, giustamente, neppure rappresentato ma solo alluso).
E che non mi si racconti la balla dell'interesse per gli "aspetti psicologici della vicenda" e la "complessità interiore dei protagonisti"... perché non mi risulta che tanto ardore psicanalitico sia stato suscitato da film come "The hours" (Stephen Daldry, 2002), "Caos calmo" (Antonello Grimaldi, 2008), "Il bambino con il pigiama a righe" (Mark Herman, 2008), ecc. E non credo neppure si possa parlare di rivendicazione della libertà sessuale femminile o di  riscatto della vittima che finisce per sopraffare il suo carnefice!
Anche le nostre nonne lo facevano! Ma per emozionarsi non dovevano sperare che il nonno le legasse allo spiedo o si calasse dalla canna del camino travestito da super eroe! E certamente non erano disposte a farsi cospargere di miele o altre schifezze per vivacizzare la situazione.
Oggi invece a quanto pare la massima aspirazione erotica è il caos; vogliamo tutto contemporaneamente, al punto che se ci si distrae un attimo non si capisce più se si è a lezione di yoga, ad un appuntamento romantico, al circo, in mezzo alla scena di un crimine o al ristorante... Ma siamo sicuri che così funzioni?
Intanto ci aspetta il seguito della trilogia... Altre 100 sfumature rispettivamente "di Nero" e "di Rosso"...  Che tutto questo "sfumare" serva a farci scoprire nuove frontiere della libido? O l'unico effetto sarà quello di far calare sull'argomento una nebbia ancora più densa facendoci perdere definitivamente la direzione per il "punto G"?


Mi resta un'ultima domanda: Kate, l'amica "Galeotta" della protagonista, che si fa sostituire da Anastasia per l'intervista a Christian Gray, potrà mai perdonarsi di aver perduto l'occasione di un'esperienza simile??? Avrà mai ricevuto un cestino di frutta in segno di riconoscenza da parte dell'amica? Mah...