sfilosofeggiando...

 Siamo pieni di convenzioni e convinzioni, su quello che si fa o non si fa, si dice (e soprattutto si scrive) o no, si deve o non si deve pensare... Ma io ho deciso che voglio pensare tutto, fare il più possibile, dire e scrivere il meglio...


Mondi di carta e libri "puntuti"

Qualche giorno fa, fiduciosa nelle mie doti di gazza-lettrice, che mi consentono di individuare gli oggetti del mio desiderio letterario anche da grandi distanze (eppure giuro che sono miopissima!) e di gettarmi in picchiata per acchiappare la luccicante preda, mi sono diretta con passo felpato ma fermo alla ricerca di tesori, in una delle mie librerie preferite. 

Precisazione necessaria: ci sono due tipi di librerie; quelle piccole-piccole, raccolte, in cui fa sempre caldo, di cui si conosce il/lo proprietario/a (di solito un signore alto e smilzo dall'età indefinibile, o una signora cicciottella, ricciuta e sorridente... almeno nella mia immaginazione sognante!), dove c'è sempre una poltrona comoda pronta ad abbracciarci e a farci le coccole mentre prendiamo un assaggio dell'imminente acquisto.
Qui si trova solo mezza dozzina di copie (dieci a volersi proprio sbilanciare) di ogni volume, ma dove è possibile reperire quel libro ormai caduto nel dimenticatorio della pubblicità e della critica, quel saggio che non è mai stato famoso, quel romanzo che ormai neppure l'autore ricorda di aver scritto e che il libraio non sapeva di avere. 
Queste librerie sono ambienti ovattati, "vellutati", atemporali... aggirandocisi sembra quasi di essere entrati in una scatoletta per gioielli (quelle rigide e pelosine fuori e di raso imbottito all'interno) o in una serra per farfalle (si chiama serra l'ambiente per farfalle tropicali? Il primo sostantivo che mi è venuto in mente è stato voliera, ma resto dubbiosa, quindi accetto suggerimenti!).

Poi ci sono le librerie GIGANTESCHE, quelle in cui c'è tutto, anche le novità talmente nuove che non sono ancora state scritte; luoghi in cui è meglio sapere (o credere di sapere) cosa si vuole già prima di entrare altrimenti si rischia di perdersi e non uscirne più (per essere ritrovari dopo qualche migliaio di anni in perfetto stato di conservazione come le mummie egizie, visto il clima asciutto da aria condizionata perenne di questi luoghi sterminati!).
Qui anche i cercatori di cellulosa più esperti devono rispiegare sul tour guidato da parte di una "guida locale" (la tipica signorina con la faccia imbronciata e il cartellino appeso al taschino della polo) che ha la capacità di ricacciarci nella situazioni di inferiorità propria del banale "cliente", senza riconoscerci lo status di "lettori", unici, specialissimi, meritevoli di ossequioso rispetto quali noi ci ritenevamo fino a prima di varcare le porte scorrevoli automatiche. 
Siamo in un safari delle pagine stampate, costretti nel ruolo dei turisti in comitiva, condotti qua e là tra monumenti di libri impilati, da chi sa orientarsi meglio di noi in quel deserto di dune di parole accatastate. 
Ordine alfabetico e/o per argomento un tubo! 
"Vada al punto 7". 
Ovvio, come no? "E come ci si arriva?"
Foto: la scala della conoscenza"Dritto, poi svolta a sinistra, oltrepassa il reparto pulci e zecche, prosegue fino a trovarsi sulla sinistra il settore decorazione della capocchie di spillo, a quel punto prende la destra e prosegue fino a che non si trova davanti la parete costruisci il tuo astrolabio... poi è meglio se si ferma a chiedere". "Avrebbe mica una piantina?"

Bhè, mi trovavo proprio in uno di questi labirinti di carta,  alla ricerca di un libro con copertina di brossura color giallino sbiadito, una figura a colori pastello al centro e una coppia di ricci in basso.
Dopo aver affrontato l'avanscoperta, una fase iniziale di esplorazione, un giro di ricognizione ed essere uscita illesa da un paio di smarrimenti, ho dovuto ammettere a me stessa di avere il senso di orientamento di un'anatra cieca.
Perciò mi sono diretta verso il "punto I" (dove la "I" sta per "incapaci di arrangiarsi da soli") con la coda tra le gambe.
Ovviamente non ricordavo nè l'autore nè l'edizione del libro che stavo cercando... ed è proprio su questo che le finte-libraie contano: si atteggiano ad apparente disponibilità per indurre l'ignaro lettore (svantaggiato proprio perchè colto nel periodo di non-lettura che segue ogni libro concluso e ne precede ogni nuovo, mentre è alla ricerca di nuovo materiale) a scoprire le sue debolezze e ZAC! lo copliscono alle spalle! E' la storia di cappuccetto rosso che si ripete in versione moderna!
Sporgendo il naso da dietro il bancone (altra tecnica per mettere in soggezione il lettore-cliente: banconi altissimi dietro i quali, dalle vette dei loro sgabelli, le pseudo- libraie incombono sul viandante smarrito), ho chiesto decisa il titolo "X" della collana "I Ricci"...
La commessa mi ha guardata sprezzante e compassionevole. Poi, con un ghigno malefico ha ribattuto: "Forse gl'Istrici?!?!?!"

Certo, non sono un'esperta di Erinaceidae (nome scientifico dei ricci), sempre di aculei e musetti a punta si tratta! Perchè stare lì a fare tanto i raffinati? E poi ho comunque ragione io: il logo della collana ritrae due ricci, che sono piccoli, simpatici e col naso a pallina! Mentre gl'iscrici sono grossi come cuccioli di maiale, goffi come comodini e con aculei lunghi così! OH! Alla faccia della commessa "pungente"!
Sul momento non ho voluto aprire il dibattito nel reparto bambini, anche perchè le librerie conservano sempre un'aura di sacralità inviolabile... però il sassolino nella scarpa mi è rimasto!







Tanto per cultura generale: 
 
"La principale differenza tra riccio e istrice consiste nella famiglia di provenienza: il riccio, chiamato anche comunemente, ed erroneamente, porcospino, è della famiglia delle Erinaceidae; l’istrice invece rientra nella famiglia degli Istricidi. Chiamare l’istrice anche porcospino è invece corretto"
E dopo questa lezione di zoologia ci sentiamo tutti arricchiti e (vista l'ora) possiamo andare a nanna tranquilli!





Sotto il segno del drago

Guidata dalla mia strana tendenza a riconoscermi in creature zoomorfe e a descrivere me stessa per via metaforica (ogni tanto arrivo persino a immedesimarmi in qualche ortaggio)...ho trovato su una bancarella questo simpatico draghetto e ho deciso di adottarlo come porta fortuna.
Casualmente ho anche scoperto di essere nata nell'anno del Drago.. secondo l'oroscopo cinese, che si basa su una suddivisione del calendario complicatissima, dal momento che si tratta di un calendario lunisolare, che incorpora elementi di quelli solari e lunari... Anche il 2012 è anno consacrato a questo animale).
I draghi hanno qualcosa di mitico e leggendario, affascinante, avventuroso; evocano favole popolate da cavalieri, principesse, maghi e folletti... Mentre nelle culture occidentali sono rappresentati come esseri malefici portatori di morte e distruzione, nell'immaginario orientale sono legati alla fortuna e alla bontà...
"Bene" ho pensato, sempre meglio che essere nati sotto il segno del maiale o della scimmia (animali che proprio non mi affascinano, così per estetica!). 
A parte il fatto che non amo particolarmente l'acqua perchè sono convinta che potrei annegare anche in una pozzanghera (con un po' di impegno), nè l'ibernazione, che non ho scaglie nè corna e non sono ovipara,  credo di riconoscermi in questa creatura fantastica, che simboleggia lo slancio spirituale, la visione fugace, istantanea, evanescente e illusoria della Verità ed è quindi equiparato a una manifestazione cosmica. (E qui l'egocentrismo galoppa!).
Mio marito mi definisce in due parole: "gran rompiballe"... una descrizione non proprio scientifica, sicuramente veritiera, ma un po' semplicistica... 
Per dimostarlo mi sono documentata: 
"il Drago è uno dei segni più eccentrici dello zodiaco cinese: chi nasce nell'anno di questo animale dall'aspetto maestoso, brutale e terribile insieme, sarà dotata di naturale carisma, di potenza e fortuna, avrà una mente attiva e grande interesse per il mondo che lo circonda, sarà testardo e passionale, onesto e coraggioso, individualista ma predisposto a compiere il bene per l'umanità; vitale, brillante ma anche superficiale, idealista, sensibile, generoso, ottimista, impegnato a ricercare sempre la verità è la perfezione.  Possiederà tatto, diplomazia e per destino potrà contare su un destino brillante" (wow!!!).
Nelle culture orientali, il Drago porta virtù, ricchezza, armonia, soddisfazione e fertilità. E' una creatura benevola, sempre associata all'acqua e alla folgore, dunque al simbolismo degli opposti per antonomasia (e chi meglio di me incarna la Contraddittorietà???).
I "figli del Drago" posseggono nobiltà, ambizione, dignità, vivacità, allegria, magnetismo, espansività; se qualcosa li irrita non moderano reazioni e parole (sì, sono proprio una draghetta sputafuoco!). Se le loro caratteristiche sono portate all'estremo e le loro energie utilizzate in maniera negativa, sono anche crudeli, imperiosi, sputasentenze, arroganti, pomposi, dispotici, intolleranti ed esigenti.
Insomma, un mosaico di doti e difetti! Un quadro dell'ultimo Picasso!
Dunque non sono solo una "rompiballe": sono una super rompiballe! Effervescente come la Ferrarelle, capricciosa, puntigliosa, perfezionista, permalosissima (perchè non devo dimenticare che nell'oproscopo occidentale sono un leone ascendete toro!), praticamente una strega! Fiera di esserlo e dispiaciuta solo del fatto che Madre Natura non mi abbia dotata di nari-lanciafiamme! Ogni tanto ne avrei proprio bisogno! (e non per accendere la Carbonella!)


Però guardate com'è carino il mio peluchetto! Ha anche i cuoricini sul sedere e sulla punta della coda!!!




E con questo post assolutamente inutile auguro una buona settimana!!!

L'estate sta finendo

"L'estate sta finendo,
un anno se ne va.
Sto diventando grande,
lo sai che non mi va..."
cantava nel 1985 Righeira...
Eh sì! L'estate sta proprio finendo: i temporali preludono all'autunno, il vento rende l'aria del mattino frizzante e noi meno pigri... il pesto è nel freezer e l'ultimo basilico ha ricevuto l'estrema unzione (per solidarietà anche l'orchidea ha tentato il suicidio...).

Milano ingrigisce, recupera il suo argenteo colore di città intellettuale; i poeti si nascondono dietro agli occhi chiusi dei palazzi, i lavoratori delle diciassette si affrettano a casa per ritirare i panni stesi e i loro sogni prima che si bagnino...
 Gli zaini nuovi, le matite colorate, i diari lucidi e plasticosi si esibiscono nelle vetrine dei cartolai, gioia dei piccoli, disperazione dei meno piccoli per il nuovo anno scolastico... dicono "Comprami! Scegli me! Portami a casa!", anche a me che ormai non sono più giustificata a usare questi strumenti... "Non ho l'età..." (questa volta a cantare, risalendo più indietro ancora, al 1964, è Gigliola Cinquetti)...
Non ho più l'età ma sono affascinata questi oggetti che si impegnano a colorare le giornate scolastiche, a trasformarsi in oggetti piacevoli, occultando il motivo per il quale sono stati creati. Come cuccioli in un negozio di animali, libri e quaderni saltellano per mettersi in mostra dietro i vetri illuminati dal neon... e il povero cartolaio si danna per tenerli buoni e ricondurli all'ordine come soldatini... mentre il viandante, anche quello "disinteressato", non più studente, ormai "adulto", si aspetta quasi di vederli mettersi a litigare e strapparsi le pagine a vicenda, rotolarsi sugli scaffali e ruzzulare giù con i fogli spiegazzati in molteplici "orecchie".


Anche l'acquirente improbabile sente riemergere in sè lo scolaro di un tempo, l'alunno di 10, 20, 30 o più anno fa, e rimane affascinato, con gli occhi spalancati davanti a quegli oggetti "luccicosi", giochi coscienziosi, che gli riportano alla mente tanta prima- cultura, semplice-fatica, piccola-montagna... e la voglia di spiaccicare il naso sulla vetrina è tanto forte (almeno quanto quella che avverte durante il periodo natalizio di fronte alle vetrine di addobbi, palline, luci e giocattoli!) che resistere lo costringe a uno sforzo tremendo.... saltare con un solo balzo i molteplici (più o meno numerosi ma sempre in salita) scalini- anni che lo separano dalla sua età "elementare"...  e ad allontanarsi trascinato coi denti dalla sua "adultaggine".

Per rimediare a tale violenza ho stabilito una relazione quasi stabile con il mio cartolaio, un signore lungo e simpatico, con mani eleganti e capace di aggirarsi con grande agilità tra scaffali di pennarelli, carte da regalo e scatoline di graffette disposte con estrema cura in piramidi dall'equilibrio discutibile... No, non si tratta di adulterio... semplicemente, con la scusa dell'acquisto di una matita, una graffetta, un blocchetto di postit, sono quasi riuscita a farmi adottare come gatta- da- cartoleria...
Così sono autorizzata ad aggirarmi tra le scaffalature, sfogliando album da colorare, confrontando tonalità di cartoncini, curiosando tra pennarelli al gel con brillantini (questi da piccola io non li avevo!!! Non vale!!!)... E ad un certo punto mi sento rimpicciolire, mi sembra di dovermi alzare sulle punte dei piedi per raggiungere gli scaffali più alti, e di dovermi sistemare le treccine...
Basta poco per ritrovarsi bambini e sentirsi un po' felici.





Settembre indeciso

Settembre è il mese degli indecisi e delle indecisioni... Non è più estate ma ancora non è nemmeno autunno; un intervallo franco tra due stagioni, una troppo fiaccata dalla calura agostana per continuare a dominare il suo spazio di calendario, l'altra sorpresa come un frutto ancora acerbo cascato per sbaglio dall'albero. Nessuno si sente più in vacanza (i pochi che partono nel nono mese dell'anno "sanno" di essere dei privilegiati e se ne gloriano..."alle spalle di tutti quelli che devono riprendere il lavoro!") e gli studenti attendono con angoscia mista a noia l'inizio della scuola... ignari del fatto che i loro insegnanti sono molto più disperati di fronte a tale prospettiva!!!  
Ognuno cerca di elaborare il trauma del "rientro" a modo proprio e con ricercata disinvoltura: si ripongono maschere e boccagli, si tolgono le bustine di antitarme dalle tasche delle giacche (tanto per evitare la figuraccia di ritrovarsi in ufficio con un cartellino "Orfea" penzolante su un fianco!), si riprendono i contatti con gli amici (o si evitano fino a che il ricordo delle vacanze non sarà sfumato in un vago oblio, nella speranza di risparmiarsi la carrellata di foto e filmini di figli imbragati come palombari e pucciati in 20 cm d'acqua sulla costa adriatica...), si reimposta l'allarme della sveglia su un orario dignitoso... 6.30-7.00?
 
A tradire la vera indole dei personaggi che popolano la città di Milano nei primi giorni del "nuovo anno" sono però le scarpe e quello che si aggira nei 15-20 cm superiori...
Sì, non sono matta, nè ho un'attrazione fatale nei confronti dei piedi degli altri (nemmeno per i miei a dire il vero!)... Ma in metropolitana c'è poco da fare: che si legga un libro, si pensi a prati fioriti e pecorelle batuffolose, si sonnecchi con la testa cascante dal collo (e il rischio di dare una zuccata ora sulla spalla del vicino ora su un supporto di metallo), basta distrarsi un attimo perchè un occhio ci rotoli tra i piedi di qualcun altro. E allora si scoprono caratteri e temperamenti: c'è chi si mostra già rassegnato alle scarpe di vernice da ufficio, allacciatte strette strette fino in cima (non si sa mai che i piedi non vogliano scappare fuori e correre nudi a cercare la sabbia!), chi si ostina a sfoggiare infradito, unghie rosse e un'abbronzatura omogenea persino tra anulare e migliolo... e infine chi, indeciso, opta per un look intermedio... scarpetta di tela anonima, espadrillas poco impegnativa, ballerina saltellante... C'è l'impiegato che già sfodera il calzino a costine in filo si Scozia (che risale quatto quatto sotto i pantaloni fino ad altezza ginocchio), lo sportivo con la sua calzotta di spugna per tutte le stagioni, il "casual" che finge disinvoltura vestiaria e non si accorge che il fantasmino lampeggia in tutto il suo bianco candore dal mocassino estivo... la signora che ancora aborrisce i collant per sfruttare fino all'ultimo la sua depilazione perfetta (finchè dura va esibita!).  E poi ancora cavigliere, anelli alle dita dei piedi, finti tatuaggi all'henné fatti in spiaggia e ormai irriconoscibili nel loro disegno originario (e se non si sta attenti ci si ritrova a piegare la testa al contrario per capire di che si tratta, facendo strane smorfie interroggative mentre il proprietario della decorazione e del piede/caviglia ci guarda stupefatti indeciso se chiamare o meno la neuro...)... Quante cose dicono i piedi dei loro padroni e quanto sono lontani dalle orecchie per riuscire a sentire tutto!

L'indecisione sfocia nel vero e proprio attacco di panico di fronte alla bancarella del fruttivendolo
dalla quale occhieggiano ancora albicocche turgide, ciliegie sanguigne, angurie acquoree, pesche palpitanti, accanto a morbidi fichi e acini trasparenti... E allora perseverare nell'illusione suscitata dalle polpe colorate che ci ricordano le macedonie esotiche spiluzzicate in spiaggia, o arrendersi all'evidenza del fatto che ormai i meloni sanno di cetriolo, i manghi di cartone e le prugne di shampoo... E ripiegare su pere di marmo o mele spugnose? 


La moda si è già portata avanti; le politiche di marketing hanno deciso giàda un paio di mesi che è la stagione autunno-inverno, e mentre noi a casa stiamo ancora piegando i bikini e riponendo le pinne (che non si sa mai perchè prima avevano la loro collocazione ordianata in qualche luogo non più identificabile della casa, mentre ora stiamo progettando di abbandonarle sotto il letto non sapendo dove altro ficcarle!), nelle vetrine fanno capolino i primi pullover, giacconi da omino Michelin, animali deceduti trasformati in copricapi vichinghi, e altre primizie della fredda stagione...
Passeggiando per strada si incrociano ora T shirt, canotte e abitini succinti, ora golfini di cotone o lanetta, giacchette da vento, occhiali da sole, foulard, eccetera... cosicchè comunque ci siamo vestiti ci sentiamo sempre inadeguati. Perchè ormai il vecchio rilassante abbigliamento "a cipolla" non usa più... non ci si può buttare addosso tutto quello che viene in mente nella rilassante certezza di poterci liberare degli strati superiori per recuperarli al bisogno; occorre avere le idee ben chiare già alle 7.00 del mattino quando si apre il guardaroba (la scelta compiuta in quel momento ci condizionerà tutta la giornata: un errore può costarci caro condannandoci alla pelledoca o a 8- 10 ore di sauna). Ci vuole decisione, strategia e aggiornamento metereologico in tempo reale! Per sbagliare con convinzione!

Settembre è anche il mese delle ultime serate in cui si possono alzare gli occhi alla cupola notturna e scorgere ancora qualche stella miope, senza che uno spiffero gelido ci si infili tra collo e maglietta scivolandoci lungo il corpo fino alle ginocchia (tra un paio di mesi chi oserà sollevare il naso dal bavero peloso del cappotto correndo questo gravissimo rischio???); è il periodo dell'ultimo basilico, degli ultimi imbottigliamenti di salsa di pomodoro... Delle ultime notti senza piumino e dei primi brividi mattutini nell'aria frizzante e azzurrina.

Ci crogioliamo in questo intervallo senza tempo, a cavallo tra le stagioni, e apparentemente infinito... consapevoli che uno dei prossimi "domani" ci sveglieremo sotto una pioggia di foglie rubizze e alzando gli occhi vedremo le dita secche degli alberi che graffiano il cielo di piombo... 
E allora godiamoci l'indecisione, l'incertezza, l'attesa... dell'inizio o della fine, il senso della novità o l'attesa del ritorno a ciò che abbiamo lasciato in sospeso... Possiamo rinnovarci o ritrovarci, riconinciare da zero o da dove avevamo interrotto; in ogni caso sarà per tutti come il primo giorno di scuola, con quella trepidazione speziata d'ansia, quell'attesa inquieta e insensata, che dura fino a che non ci rendiamo conto che il mondo è rimasto ad attenderci a casa mentre eravamo altrove. E allora ci restano davanti 9 mesi per coccolarci nell'idea che ci sono infiniti "altrove" al di fuori di questo mondo, infiniti luoghi in cui potremmo e potremo essere, migliaia di viaggi, di ritorni, di sogni e tramonti ... e che, mentre qui arriva l'autunno, altrove si spalanca la primavera!   


Ode all'autunno


"Equinozio
d'autunno, già sento il tuo mieie"
(G. D'Annunzio)
L'autunno coincide con il rituale della vendemmia, che unisce la fatica del lavoro alla gioia della festa; gli acini di vetro si liquefano nella luce dorata, discreta, obliqua di un sole ormai pronto al riposo.  Le pannocchie di mais sono dorate, la polpa dei fichi maturi straborda in lacrime lattescenti, frutti cremisi si protendono procaci dai rami degli alberi pronti a restituire la vita alla terra.
Fiammelle vermiglie ondeggiano nel primo vento, sconvolgono il cielo, arrossano il terreno umido... Si torna alla quiete, la natura si distende dopo la performance estiva, lascia che i colori le scivolino di dosso come un costume di scena... scuiogliendosi in gocce purpuree.


Gli anni finiscono e si rincorrono, le cose tornano, rassicuranti ma trasformate. Le rughe segnano i nostri percorsi,  celebrano i nostri traguardi, ci ricordano la permanenza del tempo trascorso ma mai veramente perduto, ci confortano con l'idea che le essenze permangono.
E che allora scrivere una poesia, lasciare un segno a matita su una pagina di romanzo, scattare una fotografia, acquista un senso.


In questo periodo dell'anno  un ciclo volge alla fine, la natura si sfà nel dorato sorriso di una vita perpetua...interiore. E' l'ora della saudade cosmica.


Coppie gelato

Nessun errore grammaticale: ho scritto proprio "coppie"... Sebbene non auguri a nessuno di vivere un rapporto di coppia paragonabile a un gelato o a un semifreddo... a meno che non si tratti di una relazione tra pinguini, che però nel loro rapporto freezer ci battono in fatto di monogamia e parità fra i sessi... Il fatto che il maschio si spupazzi l'uovo al posto della femmina la dice lunga!!!
http://pinguini.altervista.org/Immagini/3/25-3.jpgUn'altra analogia si può riscontrare tra le pinguine, che durante l'"attesa" si riempiono di cibo per consumarlo gradualmente nei mesi successivi di cova, e le donne, che durante la gravidanza tendono a lievitare come mongolfiere per passare i successivi 10 anni a digiuno nel tentativo di smaltire i kg di troppo...  Ma non è questo l'argomento che qui mi interessa!
Gelato con salsa vicino sparare Archivio Fotografico - 5301560Come nel gelato, la vita di coppia è tutta una questione di gusti e di assortimenti...di guarnizioni e "presentazione"... E come nel gelato, ci sono varie filosofie e "scuole" di abbinamento: i peccaminosi optano per la coppia "crema- crema"; i pudici o salutisti che non osano trasgredire nemmeno quando trasgrediscono) per quella "frutta-frutta"; gli estrosi (o indecisi) per l'ossimoro "crema-frutta", gli avanguardisti per i gusti vegetali o floreali (esempio gelato alla lenticchia, alla patata, alla violetta, alla rosa... che a parer mio dovrebbero essere proibiti dalla legge, banditi dalla censura gastronomica, e che comunque non hanno grande successo) che non si abbinano a nulla... forse con un'insalata?
Non menzioniamo qui i solitari, i single incorreggibili, che si accontentano del monogusto.
Anche nei rapporti di coppia è importante "assortirsi", il che non significa (parlo per esperienza personale) scegliersi nella prospettiva di sciogliersi e amalgamarsi l'uno all'altro, in un'anonima cremina che sarà sì dolce e vellutata ma che non si sa più bene di cosa sappia, bensì riuscire a stare insieme nella stessa coppetta senza che una delle due palline rotoli giù...
Ci sono persone (e sapori) che stanno bene con alte (altri gusti) a loro affini: la crema sta bene con il cioccolato, la panna, la vaniglia, il caffè...Dando origine a golosissimi duetti (o trii o quartetti, ma se si parla di "coppie" limitiamoci a due!!! e smettiamola tutti di pensare alle perversioni che ci possono essere venute in mente!) in cui alla fine non si sa da che parte assaggiare prima, non si capisce quale sapore predomina, quale si preferisce... proprio come avviene nei rapporti tra personalità forti, che si vorranno bene in maniera talvolta scorbutica e combattiva, ma non per questo meno scioglievolmente dolce!
La fragola si sposa col limone, la menta, il melone, ecc... Il risultato sarà forse una coppa (coppia) un po' "pallida"... ma come si fa a giudicare dall'esterno il sapore delle relazioni degli altri? 
Alcuni individui preferiscono accostarsi a qualcuno dal "sapore" più deciso per parteciparne (il famoso "fiordilatte" sta bene con compagni strong come liquerizia, bacio, tiramisù!), o dall'aroma più delicato per esserne rassicurati o risultare pacatamente predominanti...
Non c'è un gusto più "buono" di un'altro o un abbinamento più consigliabile... è tutta questione di preferenze, di sapori, di personalità...  E se Empedocle riteneva che "elementi simili si attraggono per simpatia", non è detto che questa sia sempre la soluzione migliore! Le regole della nouvelle cousine e della poesia avanguardista valgono anche per i rapporti di coppia: a volte i contrasti, gli accostamenti strambi, ossimori e antitesi rendono i matrimoni più interessanti e movimentati!
Fondamentale è poi, come dicevo, la "presentazione", l'immagine che un gelato- rapporto di coppia- matrimonio vuol dare di sè al mondo quando esce dalle retroguardie della gelateria o dal nido di casa: c'è il gelato che si abbandona nella coppetta di cartone senza troppe pretese, quello che sfida lo "scioglimento" dall'alto di un cono di cialda, quello altezzoso che pretende di guardare il mondo dalla cima di una coppa- Martini, quello che affoga nel caffè o nel cioccolato... o nel liquore nei casi più disperati! Ci sono gelati che si nascondono sotto una coltre di panna-montata e altri che si imbellettano di biscotti spiraleggianti, ciliegine, praline, zuccherini colorati...
Allo stesso modo ci sono coppie che amano esibire la loro "dualità", che circondano la propria vita di begli oggetti, decorandola di perfezione più o meno sincera, e altre che invece si accontentano di vivere nella propria "coppetta", che vista da fuori può apparire insignificante, ma che suggerisce un senso di accoglienza, un modo di "gustare" la vita e gustrasi reciprocamente meno plateale, più genuino, intimo e puro. Siamo tutti liberi di scegliere se mangiare il nostro gelato e di vivere la nostra vita e il nostro amore attingendo avidamente dalla fonte (direttamenete dal cono, rifiutando la mediazioni di qualsiasi "manufatto"), con modestia, cautela e moderazione (poco alla volta, con il tradizionale cucchiaino di plastica colorata e trasparente), con ostentazione ed esagerazione (megacoppe e cucchiai dai lunghi manici d'argento).
Tutta questione di scelte, di gusti, di assortimenti, di modi di essere. 
Adesso anche entrare in una gelateria diventerà un'operazione complessa e problematica?
Buoni gelati e buoni amori a tutti!




Risveglio da sogno

Sssst!

Svegliati piano... apri solo uno spiraglio di occhio, esci lentamente dalla notte di faticosi sogni... distenditi nella quiete della prima luce.
Sporgi appena il naso da sotto le lenzuola... le coperte forse le hai buttate chissà dove durante il sonno, o magari il letto ne era già spoglio quando ci sei entrato.
Ascolta. 
Godi il silenzio, la penombra della stanza con le pareti zebrate d'oro, la solitudine dei privilegiati che si alzano presto. 
Avvicinati alla finestra senza fare rumore, spia il mondo prima che si svegli...
Forse è primavera, e allora puoi vedere la polvere rosa dell'alba innalzarsi come da un barattolo di cipria sul viso della Terra, qualche fiore rabbrividente nell'aria "spumantina" della vita risorta.


O magari è inverno... allora scruta fuori come se scartassi di nascosto un regalo segreto, forse sta nevicando... il mondo si sveglia immerso in un mare di ovatta, avvolto da un abbraccio naturale che non ha nulla di freddo.
E' presto e la città comincia a cullarsi nel profumo del pane caldo appena sfornato, nelle prime luci che si accendono; da qualche parte ti giunge l'aroma intenso e amaro del caffè: qualche vicino sta già facendo colazione... un cucchiaino tintinna nella tazza di porcellana.

Fai una passeggiata per casa, saluta il tuo universo, dai il buon giorno agli oggetti che ti hanno fatto compagnia ieri e che hanno atteso silenti durante il tuo riposo. Avranno dormito anche loro? Non puoi esserne sicuro, ma al tuo risveglio appaiono tutti pronti a esserti utili, e non danno segni di stanchezza.

Senti i primi saluti, i primi "Salve!", giù nella strada... i primi motorini che passano borbottando... o forse sono biciclette? che cigolano e trillano? Magari è domenica, e la frenesia quotidiana può restare a crogiolarsi tra cuscini e vestaglie ancora un po'.... 









Dietro le altre finestre del mondo coppie innamorate si danno il "buongiorno", mamme preparano l'unica colazione della settimana da godere "tutti insieme"; qualche signora con una crocchia grigia sulla testa e una collana di perle sottili si dirige già in Chiesa per la prima Messa del giorno di festa.
 
La luce è timida qualche scheggia d'oro veleggia nell'aria... Sono i fantasmi della notte che si allontanano sfavillanti? 
Tutto si svolge nell'inconsapevolezza del primo risveglio, quando i confini tra realtà e sogno sono ancora sfumati,  e la geografia dell'esistenza quotidiana ancora indefinita. 
Per qualche minuto può essere tutto, puoi essere tutto, credere in quello che vuoi, sperare qualsiasi cosa.




 Apri le imposte, gli occhi della tua casa sul mondo: è quasi novembre, c'è nebbia e forse pioverà...

Ma la tua giornata è cominciata con un sogno: per qualche attimo hai cercato anche tu gli "albicocchi in fiore"... E una giornata che inizia così non può che portare qualcosa di bello!

Buona giornata, buona domenica, buona vita a tutti!




Apologia della parolaccia

"Le parolacce non si dicono." Ce lo hanno insegnato, detto, ripetuto, imposto subito, insieme al monito di non mettere le dita nella presa della corrente o di non toccare i fornelli... Un secolo fa.
Eppure le parolacce ci vogliono; se esistono, se il (buon?)senso comune le ha inventate è per la loro imprescindibile utilità espressiva.
Servono. Soprattutto quelle di tre o quattro sillabe... meglio cinque, se esistono. Altrimenti si potranno inventare, con astrusi neologismi, calchi, componimenti, neoformazioni con prefissi, suffissi, confissi, e quanti altri strumenti la nostra benedetta, malleabile lingua ci ha messo a disposizione. Tutta questione di allenamento... e raggiungere quota dodecasillabo diventa uno scherzo!
Non occorre pronunciarle. Lo abbiamo capito a nostre spese fin da piccoli, fin da quando per fare ammenda siamo stati spediti in bagno ad arrampicarci sul lavandino per strofinarci la lingua con la saponetta. Pedagogia grezza... Ma esperienza indimenticabile!




Però si possono pensare! E siccome non viviamo in un fumetto possiamo scatenarci! Senza nemmeno sentirci troppo colpevoli...


Tutto sta nella discrezione, nell'impermeabilità. Questione di mimica. Niente smorfie, nessun borbottio, nessuna gesticolazione che possa tradirci; non ticchettare con le unghie sulla prima superficie rigida a portata di dito, non battere la punta (o il tacco) di una scarpa sul pavimento, non arricciarsi con foga una ciocca di capelli lino quasi a strapparsela... Insomma, non accendersi sulla fronte un'insegna luminosa di cafonaggini! Solo tanti bip bip bip interiori, che ci risuonano nella zucca, mentre manteniamo una compita eleganza e un'apparenza di decorosa impassibilà e a ciò che sta facendoci rivoltare le viscere!
Riuscite a immaginare Lucia Mondella o la Isabel di Henry James (magari sulla signorina Stackpole potremmo pensarci un attimo!) che si abbandonano a qualche imprecazione da camioniste? No? Altri tempi? Dite che già Emma Bovary o Dona Flor avrebbero potuto concedersi qualche sproposito lessicale senza cadere nell'anacronismo linguistico?
Forse... ma non solo.
Innanzi tutto bisogna fare le opportune distinzioni: ci sono parolacce e parolacce; parolacce semi-innocenti, eccentriche e frizzanti; inattese come una cascata di accenti colorati che si riversa dall'insospettabile pochette di un'elegante signora, come l'esplosione del tappo di una bottiglia di Champagne: indiscreto ma.... "lecito". E ci sono invece parolaccione indicibili-impensabili-inammissibili, che si smarriscono nella durezza dei loro stessi suoni perdendo significato, declassandosi a pura volgarità. 

Bisogna poi procedere con le opportune distinzioni contestuali.
Una ballerina vestita da popcorn, coi i capelli tanto tirati da non riuscire a chiudere gli occhi, i piedi sanguinanti costretti in microscopiche scarpine con la punta di gesso, che scivoli a caschi con la grazia di un comodino non può non abbandonarsi a qualche espressione colorita... magari mascherata di tulle rosa... ma sempre di parolaccia si tratta!
Qualcuno ha giustamente affermato che "Solo la famiglia della Mulino Bianco si alza senza giramenti di scatole" (ecco la censura inconscia che si fa sentire in me...perchè le parole testuali non erano queste e quindi sto corrompendo una citazione!)... Perciò alle 6.30 del mattino quanche BIP è giustificabile...
Lo stesso non vale però a scuola, in chiesa, a museo, a teatro, durante un matrimonio o la sera della Vigilia di Natale...quando siamo (dovremmo essere) tutti smielatamente "buoni" (rincuoratevi, perchè tutti hanno una cognata-sorella- nuora- suocera antipatica cui fare gli auguri a denti stretti!)... in questo caso i bip devono essere in minuscolo, corpo ridotto e rigorosamente scritti solo nella nostra testa con inchiostro simpatico (ovvero invisibile)!

Per chi intende restare tenacemente aggrappato al proprio spirito da Pollyanna ci sono stratagemmi e cure "omeopatiche" che consentono di esorcizzare la fisiologica necessità di esprimere il proprio disappunto sprigionando fiamme dalle narici... Io per esempio sto sperimentando la tecnica dell'interior design... o dell'interior distruction: "ristrutturazioni estreme"... credo sia anche il titolo di una trasmissione della Fox... Volete mettere come aiuta a scaricare la tensione prendere a picconate una parete dopo una lunga giornata??? Decisamente non sono un tipo da yoga... però ogni tanto salvare le apparenze da "fatina buona" è necessario...
Si dice che "il mondo è una giungla"... ma chi l'ha detto che non si possa attraversarlo con i tacchi a spillo????






Preparativi natalizi

(Eventi narrati e personaggi citati sono frutto del puro "spirito natalizio" dell'autrice; ogni riferimento a fatti o persone realmente esisteiti o esistenti è da ritenersi del tutto casuale...ma inevitabile!)

Quando ero piccola il Natale era per me (come lo era per tutti gli altri bambini) solo pacchetti, nastri, lucine, attesa e meraviglia... Dopo aver scritto la classica epistola con invariabile incipit "Caro Babbo Natale" ed effusione nella celebrazione delle proprie doti di Heidi, non restava che confidare nell'efficienza delle Poste Italiane affinchè la missiva arrivasse fino al Polo Nord, Nuuk (capitale della Groenlandia), Korvatunturi (Finlandia) o ovunque altro si trovasse la dimora del vecchietto più famoso del mondo!

Era bello assistere alla preparazione della cena della Vigilia o del pranzo del 25... alle litigate telefoniche "A casa tua!"- "A casa mia!" (il gioco della patata bollente tra donne adulte desiderone di sfoderare le proprie doti di comari modello o, al contrario, di scaricare il fardello sulle spalle di qualche collega!). Poi per una settimana la cucina era tutta un brusio... un tintinnare di piatti, un mescersi di profumi... Piramidi di tartine accatastate qui e là, salsine misteriose sparse un po' su tutte le superfici, gelatine tremolanti, scampi vivi che cercavano una via di fuga dal lavello... Finiva sempre per volare qualche imprecazione da scottatura... e qualche mestolo! Magari in testa al gatto che cercava di addentare qualche gamberetto di straforo...
Nel frattempo io  riuscivo sempre a rubare un po' della base per le tartine... una cremina morbida e rosea, che ancora oggi (nonostante possa vantare una discreta esperienza culinaria), giuro di non aver ancora capito cosa contenesse!!!

Oggi il mio Natale si preannuncia sempre con la ricerca dell'"albero perduto"... Ogni gennaio mi convinco di aver trovato un nuovo ripostiglio, più logico-comodo-"ovvio" per il mio abete sintetico di 120 cm... (sembra poco ma in proporzione al mio salotto svetta come la cima dell'Himalaia)...confidando nel fatto che "Tanto me lo ricordo"... e immancabilmente il dicembre successivo sono costretta a constatare di non sapere più dove l'ho nascosto... Così riparte la caccia! E quando la furbizia raggiunge livelli da premio Nobel, nescondo in posti diversi palline, luci e altre decorazioni... Così addobbare la casa diventa un'operazione che rischia di durare fino a Pasqua!
Quest'anno l'alberello era stato esiliato in cantina... in mezzo alla polpa di pomodoro preparata da mia suocera negli anni Venti e a tanti altri oggetti di assoluta inutilità mandati al confino nella speranza che si biodegradassero magicamente!... Ci ha messo una settimana a rintracciarlo, in compagnia di palline piene d'acqua a causa di qualche infiltrazione piovana! Quindi alle tradizionali operazioni natalizie si è aggiunta anche la necessità di shakerare palline e phonare stelle filanti...
Per fortuna non sono rimasta fulminata attaccando la spina delle lucine!

I regali: croce e delizia di questo fatato periodo dell'anno. "Utili", "sentiti", "dovuti", "pensati", "mirati", "azzeccati"... "riciclati"... Non raccontiamoci la frottola che "Basta il pensiero!"... Ce li aspettiamo... e dunque ci sentiamo in dovere di "ricambiare" a priori... e in tutto questo gioco di aspettative ci siamo autocondannati a un supplizio di scambievoli cortesie di cui forse lo scopo ci sfugge. C'è chi punta al colpo di scena, all'oggetto importante, costoso, "sberluccicante"... chi gioca sulle dimensioni (scatoloni enormi con fiocchi gicanteschi e contenuto discutibile!), sull'ingombro, sulla platealità... Altri preferiscono qualcosa di piccolo ma particolare, nascondibile o dimenticabile... (i pregi delle schifezze di piccole dimensioni è che si possono far sparire facilmente!)... in epoca di crisi sembra piuttosto legittimo puntare sulle confezioni... poca sostanza ma presentata con grazia!
Se con gli adulti ce la si può cavare con la tradizionale candela porta-fortuna, con la tisana aromatica che favorisce la depurazione dell'organismo dopo le gozzoviglie delle feste, con un paio di babbucce a forma di renna... Cosa si regala oggi ai bambini? O meglio: che cosa si regala ai bambini di oggi???
Quei pargoli che invece della classica "letterina" a Babbo Natale preferiscono servirsi di una molto più rapida e comoda mail... magari con richiesta conferma di avvenuta lettura.. così, tanto per stare tranquilli! Una versione contemporanea e tecnologica della vecchia "raccomandata con ricevuta di ritorno", per intenderci... Beata innocenza!
Orsetto, bambola, matite colorate, trenino elettrico??? Oggetti ormai sconosciuti, ostracizzati dall'infanzia dopo i primi due anni di vita... D'altronde se cominciamo ad abituarli fin dalla nascita con biberon a tripla tettarella, pannolini in gore tex, succhiotti con Svarovsky... poi non possiamo pretendere di cavarcela con un paio di paraorecchie pelosi e un bacio in fronte portato da "Gesù Bambino"! E dunque bisogna spremersi le meningi... innanzi tutto per decifrare acronimi, sigle, abbreviazioni, gruppi consonantici dal significato criptico   di cui abbonda il lessico "giovanile" (tvb, cmq, trpp, cvd, sss, kkk... ???). Poi bisogna districarsi dalla selva tecnologica di Dvd, Mp3, Ipad, Ipod, tablet, game boy, play station, ecc... che impone di svolgere sulla letterina dei desideri un lavoro filologico paragonabile a quello compiuto per la Stele di Rosetta!
Rimpiangiamo i tempi del Monopoli e del Gioco dell'Oca... ma ancora non ci rassegnamo alla tristezza di una busta sottile sottile consegnata quasi di nascosto accompagnata dall'eloquente "Così ti compri quello che vuoi"... Troppa paura della reazione delusa? I bambini ne sanno molto più di noi in tema di inflazione...

Vogliamo poi parlare del dibattito per la scelta delle portate per pranzo/cena di Natale/Vigilia? I comizi iniziano a metà ottobre: da una parte la suocera sfodera un metaforico branzino al sale e lo agita in aria con fare minaccioso sostenendo una cena a base di pesce... Dall'altra parte la nuora

risponde cullando un cappone con un braccio e brandendo nell'altra mano un mattarello difendendo il suo pranzo a base di tortellini e pennuto ripieno! Le votazioni si aprono a fine novembre... I parenti sono chiamati ad esprimersi tramite plebiscito; la segretezza del voto non è garantita... e una decisione sbagliata può provocare conseguenzesulla pace famigliare destinate a protrarsi  per tutto l'anno a venire!
Di solito la faccenda si risolve con un menù assolutamente sbilanciato (primo di pesce, secondo di carne o viceversa, e antipasto misto) o faraonico (due portate di tutto, rispettivamente nella versione carne e pesce, più dieci mila contorni perchè ciascuna delle contendenti cercherà di battere l'avversaria a colpi di garniture inaspettate!)... Cui seguono sei mesi di dieta rigida... possibilmente liquida!

Però Natale è sempre Natale! Qualche pacchetto verrà sbilenco, qualcosa si brucerà, quanche regalo ricevuto si rivelerà una schifezza tremenda... Le calze si smaglieranno 20 secondi prima dell'arrivo degli ospiti, un bigodino ci resterà incastrato tra i capelli e saremo costrette a tenercelo sulla nuca, nascosto sotto i capelli per tutta la sera... Alle 23 saremo talmente stracotte da desiderare di infilarci un invernalissimo pigiama a points, pensando "Chissenefregadellamezzanotte"... Ma è Natale, capita una volta all'anno... Godiamocelo in tutti questi aspetti perchè basta un battito di ciglia, uno "scartoccìo" (neologismo mio) di pacchetti, due fiocchi di neve... e sarà di nuovo Ferragosto!





E poi quale altra occasione abbiamo di indossare quei maglioni orribili, pacchianissimi, rigorosamente fatti a mano (da qualche nonna che affettuosamente ci odia)... con renne, fiocchetti e pon pon che ci fanno assomigliare a simpatiche slitte tintinnanti??!??!?!









e allora..... 
 Buonissimo Natale!!!!!!









Retrospettiva sulla mimosa

11 marzo.
La mimosa si è ormai afflosciata e, dopo averci impallinato tutta casa con i suoi micro-pon-pon color pulcino, ci guarda spennacchiata dal bicchiere che le fa da improvvisato, inutile, abbeveratoio.
A questo punto possiamo abbandonarci a qualche riflessione schietta sulle donne e sui loro rapporti reciproci... dirci un po' di verità.







Le donne SI ODIANO. Smettiamola di raccontarci la bella favola dell'amicizia femminile, della solidarietà di genere; siamo competitive, invidiose, rivali, nemiche.
Le "donne" nascono tali, e, fin da bambine, farebbero di tuto per vedere sgozzata la bambola della compagna di giochi, o per strapparle qualche ricciolo ("Facciamo che io ero la parrucchiera..." e strack! giù a colpi di spazzola!).
Piccole Attila vestite di rosa- fucsia, con scarpette di vernice e innocenti codini, ci siamo affilate le unghie fin dai primi giorni di scuola materna!
Ricordo ancora, alle feste di Carnevale, la guerra delle fatine all'ultimo coriandolo, mentre coccinelle che cercavano di strapparsi vicendevolmente le ali (di collant e fil di ferro), e principesse svolazzanti di tulle che si adoperavano per accaparrarsi il principe azzurro col triciclo migliore a colpi di scettro di plastica! La vita in rosa è una jungla...da sempre!





Quando si raggiunge l'età della "sragione", cioè quando gli ormoni di impadroniscono di noi (e siamo intorno ai 12 anni, perchè noi siamo precoci!) facendoci capire che "i maschi" sono qualcosa di diverso da rospetti insignificanti foderati di grembiule azzurro con lo zainetto dell'Uomo Ragno e le scarpe dei Pockemon (come ci apparivano fino a qualche mese prima)... allora inizia la "guerra delle tette". Chiamatele come volete:frutti di Venere, cuscini di Marte, air-bag, balcone...ma resta il fatto che tutte le desideriamo enormi come se dovessimo piantarci i geranei! E allora cominciamo a spiarci con la coda dell'occhio, per vedere con chi delle nostre compagne Madre Natura sia stata più generosa, e a camminare impettite come trofi tacchini. E, visto che siamo in guerra e in amore, tutto è lecito, compresi l'imganno e l'uso dell'artiglieria pesante: reggiseno imbottito... cosa "reggerci" dentro resta un'altra questione.



Si cresce e si mette giudizio. Si capisce che non val la pena di sprecare tanto tempo ed energie nello scontro diretto, nella battaglia in campo aperto (perchè "ormai siamo donne adulte", con una certa sicurezza e tanti impegni!); si opta per la tattica del logoramento... si temporeggia (come Quinto Fabio Massimo...). Ovvero si aspetta e ci si limita a godere dell'altrui decadimento!


Chi di noi fanciulle non ha gioito internamente (e non solo) scoprendo che la compagna di scuola odiosa, quella carina, boccoluta, col faccino angelico e il cuore satanico, la cocca della maestra, prima della classe, perfettina, non vista dai tempi dei collant rosa e delle treccine coi fiocchi,  ha sviluppato con gli anni un lato B grande come una portaerei? O incontrando a una cena di gala un' "amica" con un brufolo extralarge sulla punta del naso???

L'indagine volta all'individuazione dei punti deboli delle avversarie continua, ma l'assedio diviene elegante e le armi si raffinano. Si combatte a suon di consigli sui cosmetici abtirughe e di finti complimenti che sibilano nell'aria come frecce avvelenate: "Non sei cambiata per niente!" (in realtà significa: "Sei una cariatide, ma si vede che ti impegni tanto per cercare di nasconderlo"); "Si vede proprio che sei una donna impegnata!" (traduzione: "Stai proprio una schifezza! sei sbattuta come un polpo pronto per la bollitura"); "Ma come ti vedo in salute!" ("Sei ingrassata come una barca!").

Insomma, diciamoci la verità: a cosa serve tutta l'esibizione di abiti, trucco, capelli, tacchi, pezzi nudi variamente localizzati di pelle eburnea esibiti nelle occasioni "speciali" se non a far traboccare d'invidia le altre esemplari femminili che tentano di marcarci intorno il territorio e rubarci la scena? e a farle sfigurare ovviamente! al pari di quando a 4 anni urlavamo alla mamma "E' stata lei!!!" (dal punto di vista maturità in questo caso non è cambiata una virgola!).
Ammettiamolo: soffriamo tutte della sindrome del fenicottero: amiamo stare sul piedistallo...per quanto l'equilibrio sia precario!


Il Capodanno è l'apoteosi del wrestling femminile implicito, quando si schiatta di freddo con apparente noncuranza, mentre gli uomini se ne stanno tranquilli e serafici nei loro maglioni a girocollo, sprofondati nei loro pullover, cappitti e pastrani???? senza minimamente sospettare la guerra fredda -letteralmente- che si svolge tra le ospiti introno a loro? E se riusciamo a strappare qualche occhiata di odio invidioso ce ne torniamo a casa con la scritta "Findus" tatuata in fronte (o in qualche altro posto) ma trionfanti come se avessimo ricevuto il Nobel per la competitività femminile!


Siamo le nostre peggiori nemiche e le nostre più degne avversarie. A differenza degli uomini (che diaciamocelo, nelle loro dispute sono piuttosto grossolani... al massimo vola qualche marovescio...) siamo raffinatamente cattive, subdole, calcolatrici e vendicative, soprattutto nei confronti delle nostre simili; mica per niente la mitologia antica era popolata di Erinni, Sirene, e altri esseri spaventosi del gentil sesso e le tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide, hanno per protagonista uno stuolo di donne poco raccomandabili... 
Allora pensiamoci bene... siamo davvero il sesso debole???






Habemus papam

Papa nuovo... Chiesa nuova? Speriamo...
Nessun commento religioso... perchè ho una concezione di "fede" troppo personale e "umana" per mettermi in cattedra, quindi solo qualche notizia "storica" (con ironia magari, ma con rispetto) a partire dalla scelta del nome Francesco da parte del nuovo papa.
Famoso nell'immaginario comune soprattutto per la capacità di chiacchierare coi fringuelli (uno degli aneddoti indelebilmente scolpiti nella memoria di ogni bambino che abbia frequentato il Catechismo!), l'immagine di questo santo andrebbe ricordata per ragioni ben più significative. Era figlio di una ricca famiglia borghese di Assisi, che aveva fatto fortuna grazie ai commerci di stoffe in Provenza, ma all'interno della quale l'armonia coniugale non doveva essere molto dissimile a quella moderna ("Mamma posso?", "No"; "Papà posso?", "Si"...il tutto nell'arco di 10 secondi), considerando che il padre cambiò in Francesco (in onore della Francia dalla quale era derivata la sua ricchezza) il nome originario Giovanni, con cui la madre lo aveva battezzato!
Come tutti i "figli di papà" (e io ne conosco un bel po'), Francesco trascorse la giovinezza in maniera piuttosto "allegra", folleggiando e gozzovigliando in compagnia di altri individui che certamente non spiccavano per morigeratezza e castità. 
Sulla sua conversione non ci sono notizie storiche certe... bisogna affidarsi all'agiografia. Quel che si sa è che prima di arrivarci dovette arrivare in punto di morte per un paio di volte, avere un paio di rivelazioni notturne, partecipare a una guerra (e mezzo, visto che una di queste apparizioni lo distolse dal progetto di partecipare alle crociata del 1203-1204)... Insomma, ci ha messo un po'...
D'altronde, anche senza illuminazioni particolari, ci vuole fegato per rinunciare alla bambagia e adottare la juta, che punge, prude e ha una rigidità che farebbe disperare anche "Coccolino"... altro che "lavato con Perlana!", lì sì che ci vuole un miracolo!
Passando da un estremo all'altro, Francesco comiciò a distribuire ai quattro venti le ricchezza della famiglia, ad abbracciare e baciare i lebbrosi che gli si paravano davanti e a chiedere l'elemosina... Nel 1205, mentre pregava in San Damiano, disse di aver sentito parlare il Crocifisso.
Ora: che i concittadini nutrissero qualche dubbio sulla sua salute mentale possiamo comprenderlo... Ciò che stupisce è quanto siano sempre i genitori a comprendere e sostenere meno le scelte dei propri figlioli!
Il padre cercò, all'inizio, di allontanare Francesco per nasconderlo alla gente. Poi decise di denunciarlo ai consoli e di provocare la sua condanna da parte della città, allo scopo (e qui si entra nell'ambito della pedagogia più eccelsa!) di mettergli strizza e fargli cambiare atteggiamento.
Il buon genitore rimse con un palmo di naso quando Francesco depose tutti i vestiti, si denudò totalmente davanti a tutti e rinunciò, insieme ad essi, alla paternità del suo padre terreno (oggi diremmo "emancipazione"... libertà). 
Ma uno sarà o meno libero di andare in giro in mutande e fare del bene al prossimo o biosgna giustificarsi e scusarsi anche di questo!
Francesco rinunciò alle attrattive mondane, vivendo gioiosamente come un ignorante, un "pazzo" ovvero un "giullare", pregando, meditando, predicando (in maniera semplice e, per una buona volta, comprensibile!), assistendo i lebbrosi e vivendo di elemosina, secondo l'esempio di Cristo.
"Povertà", "obbedienza", "umiltà", "castità" e "fraternità" (insieme alla predicazione itinerante e allo spirito missionario) sono gli aspetti fondamentali della vita di Francesco e dei suoi discepoli, uno stile di vita che attrasse anche le donne (FINALMENTE!!!!) e fu capace di incanalare le inquietudini e il bisogno di partecipazione dei ceti più umili nel seno della Chiesa (senza porsi come antagonista ad essa scivolando nell'eresia). 
Insomma, quelli a cui Francesco stava più sulle balle erano gli ecclesiastici gozzoviglianti e corrotti del XIII secolo, pappa e ciccia con gli interessi materiali e politici dell'epoca (cosiddetta Lotta per le investiture) e tutti i ricconi della neonata borghesia comunale, il cosiddetto popolo grasso, intrallazzone e con un pelo sullo stomaco spesso come una moquette, che doveva sentirsi non poco punti sul vivo dalla sua predicazione.
Niente di diverso rispetto l'Italia dagli anni 80 ad oggi!
Dunque tanti auguri (si possono fare gli auguri al pontefice?) al nuovo papa, che ha scelto (per la prima volta -il che la dice lunga!-) un nome così impegnativo e significativo. Mi sa che la benedizione questa volta ci vuole proprio!


Nessun commento:

Posta un commento

Per lasciare un commento seleziona la voce "utente Google" dal menù a discesa.