domenica 30 marzo 2014

Occhio per occhio...


Bisogna vederci chiaro; scrutare la realtà, andare al fondo delle cose, indagare le cause, scartabellare tra i progetti segreti dell'universo, svelare misteri, risolvere enigmi. Altissimi propositi, degni della più nobile metafisica... Ma quando la miopia è talmente galoppante da impedirci di stendere lo smalto sulle unghie dei piedi senza ricorrere al binocolo...allora non esistono "occhio interiore" o "spirito d'osservazione" che tengano:
il mondo risulta avvolto in una coltre di nebbia; i margini degli oggetti si sfilacciano in tentacoli che ci avviluppano fino ad annullare i confini tra noi e loro...fagocitandoci!

Proiettato in un incubo kafkiano, il povero miope sente tutto il peso della sua claustrofobica schiavitù alla "protesi" che porta sul naso: oggetto odiato e venerato, custodito con cura ma costantemente (diciamo a intervalli pressocchè regolari di 3-4 mesi) ridotto in frantumi, calpestato in un momento di ottimistica autarchia... Non c'è monito più efficace della ricevuta del negozio di ottica che esegue la riparazione: sostituzione di un'asticella 30-40 euro; ponte 45 euro; lenti... meglio non pensarci! 
Il rimbotto è chiaro: "Non avere la tracotanza di poter fare a meno degli occhiali nemmeno per soffiarti il naso! non appoggiarli altrove che sulla proboscide o finirai immancabilmente per sedertici sopra o ridurli a mosaico sotto un volume dell'Enciclopedia Treccani!!!". 
L'ubris è stata punita. Le nostre finanze pure.  

Tale era la mia situazione fino a qualche giorno fa... Certo, mi sono sempre consolata con l'efficienza della mia "lungimiranza" e fatta forte della prospettiva della futura presbiopia (in fondo per arrivarci mi mancava giusto un quarto di secolo!)... ma ad un certo punto mi sono stancata di immaginare il cosmo come la Pizia di Delfi, che profetizzava tra i fumi dell'annebbiamento mentale e oculare (sebbene magari ci azzeccasse pure con le sue previsioni!) e mi sono decisa a sottopormi ad un inervento di "chirurgia refrattiva". Ovvero: la tecnologia più all'avanguardia per farsi rosolare la cornea!

L'operazione in sè dura non più di qualche minuto... e ha effetto immediato: ci ricatapulta nel mondo nitido che avevamo dimenicato dal nostro quinto compleanno (più o meno), e noi usciamo dalla clinica con i nostri poveri inutili occhiali in mano... e anche se un primo impulso ci spingerebbe ad accartocciarli e scagliarli il più lontano possibile dai nostri bulbi ormai autosufficienti, ci tratteniamo perchè, in fondo, ci scopriamo affezionati ai nostri tirannici servitori di anni. Così, tornati a casa, li riponiamo nel loro astuccio e in un cassetto irraggiungibile: reliquia destinata all'oblio.
L'intervento, pensandoci a posteriori potrebbe essere paragonato a un trailer, senza colonna sonora, di un qualsiasi film horror: prima ci viene imposta un'assurda cuffietta che, sommata all'assenza assoluta di trucco sul viso, annulla ogni nostra dignità e spegne qualsiasi spirito di ribellione a quanto ci prepariamo a subire (perchè, anche se non ci auto-vediamo, sappiamo di essere ORRIBILI!); poi, nell'attesa che faccia effetto l'anestesia, veniamo immobilizzati su un'enorme poltrona reclinabile e massaggiante, sulla quale lo sventurato paziente dovrebbe rilassarsi, mentre in realtà avverte la costante minaccia di essere letteralmente "mangiato" dallo strano trabiccolo dal quale non può liberarsi...
Poi è una rapida sequela di divaricatore palpebrale, strumenti acuminati, immobile e assoluta impotenza, un fetore di gallina bruciacchiata poco rassicurante e poi ripetute sciacquate di colliri che scorrono a fiumi... Al tutto fanno da contorno il penisero "Ma chi me lo ha fatto fare?!?!?!" e la speranza che non ci abbiano fritto anche le ciclia!!!
Al termine del trattamento il chirurgo ci congeda mandandoci per il mondo a riscoprirlo con "occhi nuovi"... e noi ringraziamo il Padre Eterno di averne soltanto due... perchè sopportare il tutto per tre o quattro volte sarebbe troppo!

Un'altra analogia che mi viene in mente è quella culinaria: il trattamento con tecnica PRK è assimilabile alla versione medica della preparazione di un arrosto di lonza al forno: prima si massaggia la carne, poi la si rosola (e se non si sta attenti la crosticina libera presto il profumo abbrustolito di cui sopra) e infine la si inforna e si irrora col brodo...un poco alla volta. 

La convalescenza è un po' lunghetta e noiosa... niente sole, niente piscina (ma di questo posso farmene una ragione!), niente lettura, niente computer, niente trucco (un vero dramma per me che senza mascara non esco nemmeno per svuotare il secchio dell'umido!)...
La giornata trascorre letteralmente "bevendo" cocktail di colliri... cinque diversi da applicare 12 volte al quarto d'ora... perciò è tutto un continuo suonare di allarmi e sveglie per ricordare che è ora dell'innaffiata oculare!!!


Leggevo che uno dei possibili effetti del decorso postoperatorio è un'ipercorrezione transitoria del difetto visivo... Purtroppo non è il mio caso! Brancolo nella bruma!...Potrebbero mettermi in mano una copia della Magna Charta e farmi tranquillamente credere si tratti di una bolletta dell'Enel!!!
Perciò in questi giorni abbraccio lo scetticismo...dubito di tutto!

Ma non mi posso lamentare, considerando che ho passato l'ultimo mese portando in giro il cane della vicina per prendere dimistichezza... non si sa mai che avessi dovuto procedere accompagnata dal pastore tedesco! Chiassà se sarei riuscita a insegnargli a programmare la lavastoviglie???
Insomma, già il fatto di non essere costretta a imparare l'alfabeto Braille posso ritenerlo un successo!!! Però non appena dal mio orizzonte si dipaneranno le nebbie e smetterò di grondare lacrime artificiali, conto di porgere comunque un ex voto a qualche Santo protettore della vista...così, tanto per sicurezza!!!
Mi sono documentata e ho scoperto di poter scegliere se offrire i miei ringraziamenti a S. Acacio, Sant'Agostino, Santa Lucia o alla mia omonima: Santa Chiara, che (guardacaso!) è la più eclettica tra i patroni citati; infatti nella sua attività di protrettrice spazia dai tintori ai vetrai, alle lavandaie, agli ottici, agli oculisti e (ma a questo non credo) alla televisione! Che si sia messa in società con Lucia, che oltre a occhi e ottici protegge anche gli elettricisti? Forse anche i Santi hanno dovuto adeguarsi all'idea di "flessibilità" lavorativa e alla necessità di aggiornamento tecnologico?

A proposito di tecnologia: adesso spengo tutto, perchè leggendo dei Santi Cosma e Damiano ho appena decifrato "protettori delle ostriche" anzichè "delle ostetriche"... il che vuol dire che ormai neppure utilizzare il massimo dello zoom sullo schermo del pc è sufficiente a non farmi prendere lucciole per lanterne, fischi per fiaschi, levatrici per molluschi!!!










sabato 29 marzo 2014

Beata influenza!

"Beata inflienza!"... Così scrive Gina Lagorio, nella sua opera intitolata Inventario (Milano, Rizzoli, 1997), dove la convalescenza viene rappresentata come occasione per legittime trasgressioni ai "doveri" quotidiani, per lecite abbandoni ai piaceri dell'otioum, il "riposo impegnato", come "sciali faraonici di letture non finalizzate al lavoro e alle convenzioni sociali" (p. 55).
Niente di più vero, niente di più ingannevole...
Noi donne siamo naturalmente votate (condannate?) alla cura, all'accudimento, alla premura, perciò anche quando potremmo godere di buona tempra e salute di ferro, subiamo "per transitività" gli effetti di acciacchi e malanni altrui...

La stessa autrice scrive:
La cura appartiene alle donne [...] in famiglia prima, e nel mondo poi. Così ho incontrato cortei di virus, festival di germi, enciclopedie di malanni [...]. Qualche volta [...] dicevo: "Un giorno o l'altro mi verrà un coccolone", ma erano parole, e già la domestica ironia implicita nel nome ne negava l'assunto. Sempre di coccole del destino si trattava, un po' ruvide magari, ma srmpre coccole. (Gina Lagorio, Càpita, Milano Garzanti, 2005, p. 11).
Alla minima variazione di temperatura, al più piccolo accenno di raffreddore, fidanzati, mariti, conviventi, compagni, amanti si sgretolano davanti ai nostri occhi, ci cadono in grembo come Marte abbandonato tra le braccia di Venere e ci guardano imploranti, come se fossimo le custodi di tutti i segreti della scienza medica e della taumaturgia. Poi arrivano i figli che, non appena usciti dal regno  asettico delle copertine sterilizzate e dei pupazzetti bolliti e disinfettati, ci ortano a casa dalla scuola materna nuguli di batteri, sciami di virus, colonie di funghi, comitive di spore, bacilli, vermi, pidocchi... Un party continuo, che costringe i nostri globuli bianchi a un lavoro a tempo pieno!
Come se non bastasse, nei casi più "fortunati" ci si mettono anche gli animali domestici: ho una vicina di casa che convive con una gatta stitica, epilettica e cieca da un occhio, e con un cagnolino pieno di intolleranze alimentari, con un'infezione cronica alle orecchie e disturbi da stess postraumatico per essere stato abbandonato dai precedenti proprietari...
Infine ci sono i genitori che reclamano silenziosamente un po' di quella legittima attenzione che meritano per tutte le cure riservateci quando eravamo noi ad averne bisogno...

Fortunatamente, non dovendo convivere con la peste bubbonica ma con più banali esantematiche come morbillo, varicella e rosolia, emicranie, e al massimo qualche ernietta... riusciamo a trascinarci (noi curatrici) almeno all'età della menopausa senza incorrere in 18 esaurimenti nervosi e senza sviluppare anticorpi grandi come elicotteri!
Santità? Magia? No. Spirito di sopravvivenza e capacità di adattamento. Abbiamo imparato la virtù della tolleranza verso i malati, reali e "immaginari", desiderosi di attenzione o bisognosi di coccole, allergici alla solitudine, portatori sani di insicurezza o malinconia, oltre che affetti da qualche bacilloo o virus dal nome assurdo e simpatico (generalmente un'infilata di lettere lunga mezzo metro, in spavalda contraddizione con la dimensione microscopica dell'essere chiamato a individuare: Paramyxovirus, Streptococcus Pyogenes, e simili). 

Così come ci siamo trasformate in topini dei denti per rendere meno traumatica la perdita del primo incisivo, in fate mescenti pozioni che rendono "forti e coraggiosi" per somministrare sciroppi, in narratrici di fiabe che trasformano ogni sera lettini in navi incantate che veleggiano verso la dimensione dei sogni per rendere meno spaventoso il buio, allo stesso modo abbiamo saputo fare della convalescenza (nostra e altrui) una circostanza di "eccezione", una possibilità di "pausa", una parentesi all'interno dell'incessante discorso della vita ordinaria: un salotto caldo e morbido  riservato a pochi "privilegiati" che hanno attenuto uno speciale ma temporaneo "permesso".
Quando il malanno non è grave, la convalescenza (cioè tutta la fase intermedia che separa lo strisciare dal letto alla poltrona, ciabbattando per casa con vestaglia, occhiaie, colorito da gallina bollita e capelli da Medusa dalla completa guarigione) costituisce un piacevole, obbligatorio, momento di stasi, un'esclusione forzata dal mondo della praticità produttiva: è tempo per se stesse...per fare abbuffate di libri e riviste (lecito in questi casi spaziare da Prous a Danna Moderna), impigrirsi davanti a programmi tv che mai si guarderebbero nei momenti di lucidità mentale, starsene disordinate, stropicciate, anche (volendo) dopate di farmaci! Possiamo addirittura dare retta a qualche speranzoso centralinista della Telecom, che sarà piacevolmente sorpreso di scoprirsi ascoltato anzichè mandato al diavolo dalla nostra voce nasale! Nei casi più provvidenziali un bel virus gastro-intestinale di fine stagione può anche contribuire nello smaltimento degli eccessi natalizi...
Quante volte ci capitano occasioni del genere??? Carpe diem!
Insomma... noi donne abbiamo proprio imparato a vedere la boccetta dello sciroppo mezza piena...
MA (un "ma" che insinui qualche dubbio in tutto questo ottimismo è doveroso!) noi fanciulle affette dalla sindrome di Wonder Woman abbiamo un difetto congenito: così come siamo abituate a svolgere contemporaneamente cinque o sei attività, così abbiama talvolta la pessima trovata. per risparmiare tempo, di sobbarcarci il peso di due o tre patologie nello stesso tempo. Anche in questo frangente è l'indole della massaia operosa che domina! Ma attebzione: non tutti i morbi vanno d'accordo l'uno con l'altro, nè possono convivere nello stesso organismo senza provocare effetti collaterali degni del "bugiardino" più catastrofistico!
Se vogliamo che la nostra convalescenza sia un accogliente salotto, dobbiamo impegnarci ad "arredarlo" con un minimo di buon senso (che, a parte Arlecchino o Moira Orfei, accosterebbe mai u sofà a strisce con cuscini a points e tende a fiori?). 
Non è una lezione di design ma una verità sacrosanta, come sto sperimentando proprio in questi giorni... Ho avuto il colpo di genio di accogliere la primavera sommando una bella sindrome influenzale, con tutto il corredo di febbre, nausea, dolori dalle ciglia in giù (anche a muscoli che neppure sapevo di avere!) e "sedute plenarie di gabinetto", con i postumi dell'intervento laser che "dovrebbe" avermi fritto le cornee e corretto la miopia...

Risultato: mi annoio come un'adolescente in castigo: reclusa in casa; niente TV (dallo schermo mi separa una cortina di nebbia! Tutt'al più posso immaginare i fotogrammi sulla base dei dialoghi, o fare esercizio di reminescenza, guardando repliche di repliche di film già visti!), niente passatempi (che bene o male richiedono tutti l'uso degli occhi!!!). 

Non posso nemmeno assecondare la mia natura gattesca e starmene assisa sul davanzale interno del salotto a guardare fuori, perchè rifuggo la luce come un vampiro (e da stasera, con l'orario legale, luce piena fino alle 21.00! Gioia per le mie pupille!), nè ronfare sul divano perchè ogni 20 minuti un allarme mi ricorda che è ora del collirio: sarebbe tanto comodo lasciare gli occhi in ammollo come due sottaceti in un vasetto di vetro (immagine ricorrente in tanti film horror)... e invece no, devo innaffiarmi costantemente...e non ho buona mira...

Aspetti positivi  della situazione:
  1. Grazie al cielo dalla mia immagine riflessa nello specchio mi separa un muro di nebbia...perchè non devo essere proprio uno spettacolo con gli occhi da rospo...
  2. Posso indossare occhiali da sole da diva di Hollywood anche se piove, senza sentirmi in colpa di fronte allo sguardo di chi mi osserva con un punto interrogativo dipinto in fronte..
Ora chiudo, perchè la palpebra cala di fronte allo schermo, un allarme suona, una boccetta attende... Due gocce per occhio... aprire, mirare, fuoco! ...chiudere, deglutire... ripetere.








martedì 25 marzo 2014

Odontoexperience

Una lezione i fitness tonifica, una seduta dall'estetista rilassa... un appuntamento dal dentista può rivelarsi un'esperienza mistica, capace du aprire nuove prospettive sul mondo, permettendo di osservarlo da un punto di vista "inusuale"!
Ma partiamo dal principio: l'attesa di qualsiasi visita odontoiatrica che esuli dal canonico controllo periodico (la versione umana della revisione o tagliando dell'automobile...) o dalla banalissima pulizia dei denti, è preceduta da ore (giorni?) di trepidazione, incertezza, ansia, che sfociano in vera e propria "fifa" quando si varca la soglia della sala d'attesa; con un sommesso "Buon giorno" o "Buona sera" si annuncia il proprio svogliato e timoroso ingresso agli altri pazienti, e si prende posto su una delle poltroncine che arredano un ambiente che vorrebbe essere rilassante senza riuscirci... Ci vuole ben altro che colori tenui alle pareti, posters di loci amoeni e qualche bonsai per deviare l'attenzione dal desiderio di fuga che ci sta assalendo... La pelle del divano scricchiola ad ogni tremolìo delle nostre natiche, amplificando ogni nostro spasmo di paura.... E a nulla serve ripararsi dietro le pagine patinate di qualche rivista di gossip, tentare di seguire il filo del discorso proveniente dalla radio o analizzare la fantasia dei calzini di coloro che ci stanno seduti di fronte...
Come abbacchi diretti al macello si attende in solidale silenzio gli uni accanto agli altri in attesa ciascuno del proprio destino, ma la mente già percorre i bianchi corridoi dello studio e si prefigura scenari terrificanti con tavoli metallici coperti di strumenti di tortura, suoni striduli, gemiti di sofferente impotenza...
Quando finalmente ci troviamo sulla poltrona di tortura (la versione reclinabile dell'altare sacrificale) scatta il meccanismo di difesa: consapevoli di non poter piangere, pestare i piedi, fare i "capricci" come i bambini all'asilo che urlano "Non voglio! Non voglio! Non voglio!" di fronte a un piatto di piselli bolliti... (la metafora sorge spontanea alla nostra mente perchè l'assistente alla pltrona ci ha già allacciato la bavaglia anti-sbrodolamento!) decidiamo di distogliere l'attenzione da quanto sta succedendo nel nostro cavo orale...Così, mentre la poltrona elettrica si reclina pericolosamene all'indietro, il mondo si capovolge intorno a noi e lo stomaco risale (o discende?) a fare la conoscenza delle tonsille, cerchiamo l'appiglio psicologico che ci permetta di sopravvivere alla successiva mezz'ora di forzata immobilità con le fauci spalancate come quelle di coccodrilli al sole.
Inevitabile intraprendere un'attenta analisi della superficie epidermica del dottore che ci tiene il naso quasi infilato in bocca: nessuna piccola imperfezione, punto nero o ruga d'espressione sfugge al nostro occhio indagatore. Inermi e disarmati, con le unghie affondate nell'ecopelle turchese e un rivolo freddo che ci scorre lungo la nuca, ci prendiamo una piccola rivincita realizzando di godere di un punto di vista temporaneamente privilegiato: quando mai ci capita di poter scrutare "di sotto in sù" un altro essere umano, e scoprire che ha molti più peli nel naso di noi? o che radendosi ha saltato tutta un'aiuola di barba sotto l'orecchio? Comicità confortante!
Tuttavia il lusso di rilassarci troppo ci è negato: siamo in minoranza e il nemico che ci sovrasta riafferma subito la sua superiorità; a ristabilire le gerarchie arriva l'assistente che, quando meno ce lo aspettiamo, ci caccia in bocca un mini aspirapolvere con il quale ci risucchia la lingua e quant'altro le capita a tiro! oppure ci spara inaspettato un getto super concentrato d'aria fredda che ci fa gonfiare le guance come ai criceti e fischiare le orecchie come pentole a pressione! E, nascosta dietro l'anonimato della sua mascherina azzurra, rivela con occhi ridenti un'immensa soddisfazione per questo gioco carnevalesco... Proprio lei, che ci aveva accolti con aspetto amichevole, sguardo benevolo e gesti che avevamo preteso rassicuranti!
Inutile illudersi: siamo in minoranza. 
Eppure abbiamo bisogno di essere continuamente assistiti proprio da coloro ci torturano... Ce ne accorgiamo quando disgraziatamente la signorina "tutta occhi" si allontana dalla sua postazione, disertando il suo ruolo per sbrigare qualche altra incombenza, lasciandoci ad annaspare con il braccio del dentista infilato in gola fino al gomito, finchè siamo quasi in procinto di annegare nella nostra stessa saliva. Il tutto senza poter ovviamente chiedere aiuto! La fonazione è negata, il linguaggio abolito, solo rantoli e mugugni da autralopiteco! 
Ma alla fine qualcuno ci salva, ricominciamo a respirare, sopravviviamo! Possiamo continuare a soffrire senza perdere i sensi mentre il dottore armeggia e trivella tra mascella e mandibola. E alla fine dobbiamo fare parecchia pena perchè ci viene sempre offerto il conforto di un bicchier d'acqua, anche se non ci è concesso di berla! Sgorga in un fiotto spontaneo da una simpatica fontanella, accanto al nostro orecchio sinistro... apparentemente senza bisogno di ordine alcuno. La poltrona- navicella spaziale su cui siamo imprigionati sembra godere di vita propria: una volta che ci siamo accomodati nel suo abbraccio veniamo fagocitati: capovolti, risucchiati, spolverati, risciacquati, abbacinati di luce al neon... è la quintessenza della tecnologia, capace di stravolgere il concetto di funzionalità e trasformare per sempre la nostra idea di "avere tutto a portata di mano"... Carto sarebbe comodo disporre a casa di un simile marchingegno! Attrezzandolo adeguatamente potremmo fare la polvere, metterci in piega i capelli, lucidarci le scarpe, asciugare i piatti e contemporaneamente sbattere le uova, stirare e lavarci i denti! Un notevole risparmio di tempo! Il tutto stando comodamente sdraiati!
Fantascienza a parte, nell'immediatezza del momento ci sentiamo su una macabra giostra, in una crudele trappola che ci impedisce qualunque manifesta ribellione...
Quando infine ci è concessa la grazia di serrare le fauci (incredibile quanto talvolta si possa desiderare di "chiudere il becco"!) si fa strada subdolo e sottile un pensiero ancora più inquietante di quelli tra i quali ci siamo districati fin'ora; all'inizio ci sfugge, ma diventa sempre più chiaro man mano che il sangue ricomicia a scorrere nella giusta direzione: vorremmo solo uscire dal tempio dell'igiene orale cavandocela con una aspersione benedicente di colluttorio... e invece abbiamo ancora un trauma da subire: il conto.
Per esorcizzare un'esperienza tanto sconvolgente non rimane che una cosa da fare: sfoggiarne i rusultati... e dunque SORRIDERE MOLTO!!!










In medias res


Già marzo. Lo so, lo so, sono un "pochino" in arretrato con i post... e non essendo un ghiro nè un orso, non ho neppure la giustificazione del letargo....
La verità è che tra un avvenimento e l'altro, trascinandomi tra il natale e il capodanno e arrancando fino all'epifania, mi sono persa l'incipit, che non è una parolaccia, nè il verso di un uccellino col singhiozzo, bensì l'inizio, principio, cominciamento, dal verbo latino "incipere", con accento rigorosamente sulla prima e.

Ma ora sono pronta a uscire dalle pantofole metaforiche del silenzio scrittorio e a recuperare (con gli interessi) il cicaleccio tra me e quei quattro lettori (e non è modestia manzoniana ma triste realtà!) che ogni tanto mi seguono baldanzosi sulle montagne russe della mia mente.

Dunque riprendo da dove avevo lasciato.

Il 2013 è finito letteralmente in macerie; non è scoppiata una bomba ma gli effetti sono stati ugualmente (sebbene temporaneamente) catastrofici! Stanchi di vivere in una scatoletta di tonno, io e la mia dolce metà ci siamo imbarcati nell'ambiziosa impresa dell'open space... E per tre settimane la casa è stata talmente "open" che ci siamo quasi ritrovati a dormire sotto le stelle...
Per i primi tre giorni è stato divertente e romantico giocare agli indiani e fare pic nic sul pianerottolo... poi doversi arrancare sui detriti con le pantofole per raggiungere il letto ha cominciato a essere "fastidioso"... E alla terza settimana di casa imballata nel cellophane e lastricata di cartoni, con la polvere di mattone e gesso persino nel cassetto delle mutande, neppure scoppiare con effetto mitragliatrice tutte le bolle del pluribol a portata di mano è stato sufficiente a calmarmi i nervi!
Insomma, il nuovo anno ci siamo ritrovati a salutarlo a picconate, e per quanto possa essere stato terapeutico per il karma dare libero sfogo a ogni recondito istinto distruttivo, credo che con tutte le polveri sottili che abbiamo inalato un paio d'anni di vita a testa ce li siamo giocati! Anche se ammetto che il risultato è stato notevolissimo...

E così, tra una martellata e l'altra, con la casa seminata di ventilatori prestatici da tutti i condomini del palazzo per favorire l'asciugatura del cartongesso (tanto che sembrava di stare in mezzo alla Porta dei Venti di Rabat -Marocco-), sono arrivati a Natale e Capodanno.

Rinnovati gli arredi e sterminati piatti e tazzine vecchi per scaricare lo stress accumulato durante la ristrutturazione, ho avuto il buon gusto di semi-amputarmi un indice provando i coltelli nuovi... che, posso testimoniarlo, tagliano perfettamente! Cinque punti di rattoppo e dieci giorni di quasi- invalidità con un ditone da Gatto Silvestro!
Ed ecco l'Epifania, che tutte le feste (grazie a Dio!) trascina via... ma per compensare la Befana mi ha portato un bel mal di denti, senza neppure prendersi la briga di recapitarmi un sacco pieno di dolciumi che potessero giustificarlo! Ma d'altronde si sa: siamo in tempi di magra e anche la vecchina delle calze, disarcionata dal Vaporetto Wirpool, si è riconvertita alla più economica ed ecocompatibile scopa di saggina, e non può più permettersi di colmare nè di balocchi nè tantomeno di carbone (considerato quello che costano le fonti energetiche non rinnovabili!) collant che più le riempi più si allungano e si allargano generando magicamente un inesauribile spazio.
Gennaio e febbraio sono così trascorsi per lo più sulla poltrona dell'odontoiatra! Fra trapani e frese, più piccoli di quelli usati dai carpentieri, ma ugualmente fastidiosi...
Adesso è marzo (inoltrato) e fra distruzioni e ricostruzioni (di muri, denti ed equilibrio psichico), posso dire che la primavera si sia spalancata su una fase di decisivi rinnovamenti: nuovo living, nuovo sorriso, nuovo dito... Rinnavata voglia di vivere, sorridere e "digitare": l'Albero delle polpette rimette le foglie!!!