giovedì 27 settembre 2012

"coppie" gelato

Nessun errore grammaticale: ho scritto proprio "coppie"... Sebbene non auguri a nessuno di vivere un rapporto di coppia paragonabile a un gelato o a un semifreddo... a meno che non si tratti di una relazione tra pinguini, che però nel loro rapporto freezer ci battono in fatto di monogamia e parità fra i sessi... Il fatto che il maschio si spupazzi l'uovo al posto della femmina la dice lunga!!!
http://pinguini.altervista.org/Immagini/3/25-3.jpgUn'altra analogia si può riscontrare tra le pinguine, che durante l'"attesa" si riempiono di cibo per consumarlo gradualmente nei mesi successivi di cova, e le donne, che durante la gravidanza tendono a lievitare come mongolfiere per passare i successivi 10 anni a digiuno nel tentativo di smaltire i kg di troppo...  Ma non è questo l'argomento che qui mi interessa!
Gelato con salsa vicino sparare Archivio Fotografico - 5301560Come nel gelato, la vita di coppia è tutta una questione di gusti e di assortimenti...di guarnizioni e "presentazione"... E come nel gelato, ci sono varie filosofie e "scuole" di abbinamento: i peccaminosi optano per la coppia "crema- crema"; i pudici o salutisti che non osano trasgredire nemmeno quando trasgrediscono) per quella "frutta-frutta"; gli estrosi (o indecisi) per l'ossimoro "crema-frutta", gli avanguardisti per i gusti vegetali o floreali (esempio gelato alla lenticchia, alla patata, alla violetta, alla rosa... che a parer mio dovrebbero essere proibiti dalla legge, banditi dalla censura gastronomica, e che comunque non hanno grande successo) che non si abbinano a nulla... forse con un'insalata?
Non menzioniamo qui i solitari, i single incorreggibili, che si accontentano del monogusto.
Anche nei rapporti di coppia è importante "assortirsi", il che non significa (parlo per esperienza personale) scegliersi nella prospettiva di sciogliersi e amalgamarsi l'uno all'altro, in un'anonima cremina che sarà sì dolce e vellutata ma che non si sa più bene di cosa sappia, bensì riuscire a stare insieme nella stessa coppetta senza che una delle due palline rotoli giù...
Ci sono persone (e sapori) che stanno bene con alte (altri gusti) a loro affini: la crema sta bene con il cioccolato, la panna, la vaniglia, il caffè...Dando origine a golosissimi duetti (o trii o quartetti, ma se si parla di "coppie" limitiamoci a due!!! e smettiamola tutti di pensare alle perversioni che ci possono essere venute in mente!) in cui alla fine non si sa da che parte assaggiare prima, non si capisce quale sapore predomina, quale si preferisce... proprio come avviene nei rapporti tra personalità forti, che si vorranno bene in maniera talvolta scorbutica e combattiva, ma non per questo meno scioglievolmente dolce!
La fragola si sposa col limone, la menta, il melone, ecc... Il risultato sarà forse una coppa (coppia) un po' "pallida"... ma come si fa a giudicare dall'esterno il sapore delle relazioni degli altri? 
Alcuni individui preferiscono accostarsi a qualcuno dal "sapore" più deciso per parteciparne (il famoso "fiordilatte" sta bene con compagni strong come liquerizia, bacio, tiramisù!), o dall'aroma più delicato per esserne rassicurati o risultare pacatamente predominanti...
Non c'è un gusto più "buono" di un'altro o un abbinamento più consigliabile... è tutta questione di preferenze, di sapori, di personalità...  E se Empedocle riteneva che "elementi simili si attraggono per simpatia", non è detto che questa sia sempre la soluzione migliore! Le regole della nouvelle cousine e della poesia avanguardista valgono anche per i rapporti di coppia: a volte i contrasti, gli accostamenti strambi, ossimori e antitesi rendono i matrimoni più interessanti e movimentati!
Fondamentale è poi, come dicevo, la "presentazione", l'immagine che un gelato- rapporto di coppia- matrimonio vuol dare di sè al mondo quando esce dalle retroguardie della gelateria o dal nido di casa: c'è il gelato che si abbandona nella coppetta di cartone senza troppe pretese, quello che sfida lo "scioglimento" dall'alto di un cono di cialda, quello altezzoso che pretende di guardare il mondo dalla cima di una coppa- Martini, quello che affoga nel caffè o nel cioccolato... o nel liquore nei casi più disperati! Ci sono gelati che si nascondono sotto una coltre di panna-montata e altri che si imbellettano di biscotti spiraleggianti, ciliegine, praline, zuccherini colorati...
Allo stesso modo ci sono coppie che amano esibire la loro "dualità", che circondano la propria vita di begli oggetti, decorandola di perfezione più o meno sincera, e altre che invece si accontentano di vivere nella propria "coppetta", che vista da fuori può apparire insignificante, ma che suggerisce un senso di accoglienza, un modo di "gustare" la vita e gustrasi reciprocamente meno plateale, più genuino, intimo e puro. Siamo tutti liberi di scegliere se mangiare il nostro gelato e di vivere la nostra vita e il nostro amore attingendo avidamente dalla fonte (direttamenete dal cono, rifiutando la mediazioni di qualsiasi "manufatto"), con modestia, cautela e moderazione (poco alla volta, con il tradizionale cucchiaino di plastica colorata e trasparente), con ostentazione ed esagerazione (megacoppe e cucchiai dai lunghi manici d'argento).
Tutta questione di scelte, di gusti, di assortimenti, di modi di essere. 
Adesso anche entrare in una gelateria diventerà un'operazione complessa e problematica?
Buoni gelati e buoni amori a tutti!








lunedì 24 settembre 2012

frutti di mare alla Pollock


Ecco come portare l'Espressionismo astratto (o Action painting) in cucina!

Ingredienti per 4 persone:
  • 1 kg di cozze
  • 1 kg di vongole
  • 1 peperone rosso
  • 1 peperone verde
  • peperoncino in polvere
  • 1 bustina di nero di seppia
  • 2 spicchi d'aglio
  • sale
  • origano fresco
  • acqua q.b. 
  • eventualmente uno o due cucchiai di farina o fecola di patate
  • 2 cucchiai di olio extravergine d'oliva
Mettete a mollo le vongole in abbondante acqua salata per un paio d'ore e lasciatele spurgare.
Pulite i gusci delle cozze con una paglietta eliminando tutti i residui e la "barba" (cioè quella protuberanza filacciosa e verdognola con la quale ogni conchiglia si tiene attaccata allo scoglio!)... E' un lavoraccio ma va eseguito con accuratezza perchè il guscio dei mitili filtra tutte le schifezze che l'uomo, in secoli di produzione industriale, ha riversato nei mari...
Poi fate aprire le cozze in una padella coperta e con un poco di acqua sul fondo. Fate lo stesso con le vongole, dopo averle sciacquate con cura per eliminare  i residui di sabbia. Risciacquate sotto acqua corrente, lasciando raffreddare e tenete da parte.
Nel frattempo lavate e asciugate i peperoni, tagliateli a pezzettoni e disponeteli su una teglia foderata di carta da forno. Metteli nel forno già caldo e lasciateli cuocere in modalità grill finchè la pellicola non risulterà scura e si staccherà facilmente dalla polpa. Estraete dal forno e lasciate raffreddare; poi eliminate completamente la buccia dei peperoni e mettete la polpa nel mixer, procedendo separatamente per i due peperoni, in modo da ottenere due salsine di diverso colore: frullate il peperone rosso (aggiungendo un poco d'acqua per ottenere una salsa fluida), aggiungete un po' di sale e di peperoncino in polvere e tenete da parte. Sciacquate il mixer e ripetete l'operazione col peperone giallo.
Preparate una terza salsina aggiungendo un poco d'acqua al nero di seppia.
Sguciate i molluschi, schiacciate l'aglio e fatelo imbiondire in una padella con 2 cucchiai d'olio, poi eliminate gli spicchi e fare saltare cozze e vongole per pochi istanti.
Nel frattempo scaldate in due padellini distinti le salsine di peperone, aggiungendo un poco di farina (o fecola) per addensarle se dovessero risultare troppo liquide.
Versate alternativamente le due salsine colorate nei piatti individuali, in modo da ottenere un effetto pachwork (!!!), disponetevi qua e la i molluschi, versate in modo disordinato il nero di seppia diluito in modo da ottenere degli schizzi. Ultimate con qualche goccia di olio crudo e servite cospargendo con foglioline di origano fresco.
Un antipasto superartistico!!!!




venerdì 21 settembre 2012

Ode all'autunno


"Equinozio
d'autunno, già sento il tuo mieie"
(G. D'Annunzio)
L'autunno coincide con il rituale della vendemmia, che unisce la fatica del lavoro alla gioia della festa; gli acini di vetro si liquefano nella luce dorata, discreta, obliqua di un sole ormai pronto al riposo.  Le pannocchie di mais sono dorate, la polpa dei fichi maturi straborda in lacrime lattescenti, frutti cremisi si protendono procaci dai rami degli alberi pronti a restituire la vita alla terra.
Fiammelle vermiglie ondeggiano nel primo vento, sconvolgono il cielo, arrossano il terreno umido... Si torna alla quiete, la natura si distende dopo la performance estiva, lascia che i colori le scivolino di dosso come un costume di scena... scuiogliendosi in gocce purpuree.


Gli anni finiscono e si rincorrono, le cose tornano, rassicuranti ma trasformate. Le rughe segnano i nostri percorsi,  celebrano i nostri traguardi, ci ricordano la permanenza del tempo trascorso ma mai veramente perduto, ci confortano con l'idea che le essenze permangono.
E che allora scrivere una poesia, lasciare un segno a matita su una pagina di romanzo, scattare una fotografia, acquista un senso.
 


In questo periodo dell'anno  un ciclo volge alla fine, la natura si sfà nel dorato sorriso di una vita perpetua...interiore. E' l'ora della saudade cosmica.
















mercoledì 19 settembre 2012

Mondi di carta e libri "puntuti"

Qualche giorno fa, fiduciosa nelle mie doti di gazza-lettrice, che mi consentono di individuare gli oggetti del mio desiderio letterario anche da grandi distanze (eppure giuro che sono miopissima!) e di gettarmi in picchiata per acchiappare la luccicante preda, mi sono diretta con passo felpato ma fermo alla ricerca di tesori, in una delle mie librerie preferite. 
 

 


Precisazione necessaria: ci sono due tipi di librerie; quelle piccole-piccole, raccolte, in cui fa sempre caldo, di cui si conosce il/lo proprietario/a (di solito un signore alto e smilzo dall'età indefinibile, o una signora cicciottella, ricciuta e sorridente... almeno nella mia immaginazione sognante!), dove c'è sempre una poltrona comoda pronta ad abbracciarci e a farci le coccole mentre prendiamo un assaggio dell'imminente acquisto.
Qui si trova solo mezza dozzina di copie (dieci a volersi proprio sbilanciare) di ogni volume, ma dove è possibile reperire quel libro ormai caduto nel dimenticatorio della pubblicità e della critica, quel saggio che non è mai stato famoso, quel romanzo che ormai neppure l'autore ricorda di aver scritto e che il libraio non sapeva di avere. 
Queste librerie sono ambienti ovattati, "vellutati", atemporali... aggirandocisi sembra quasi di essere entrati in una scatoletta per gioielli (quelle rigide e pelosine fuori e di raso imbottito all'interno) o in una serra per farfalle (si chiama serra l'ambiente per farfalle tropicali? Il primo sostantivo che mi è venuto in mente è stato voliera, ma resto dubbiosa, quindi accetto suggerimenti!).

Poi ci sono le librerie GIGANTESCHE, quelle in cui c'è tutto, anche le novità talmente nuove che non sono ancora state scritte; luoghi in cui è meglio sapere (o credere di sapere) cosa si vuole già prima di entrare altrimenti si rischia di perdersi e non uscirne più (per essere ritrovari dopo qualche migliaio di anni in perfetto stato di conservazione come le mummie egizie, visto il clima asciutto da aria condizionata perenne di questi luoghi sterminati!).
Qui anche i cercatori di cellulosa più esperti devono rispiegare sul tour guidato da parte di una "guida locale" (la tipica signorina con la faccia imbronciata e il cartellino appeso al taschino della polo) che ha la capacità di ricacciarci nella situazioni di inferiorità propria del banale "cliente", senza riconoscerci lo status di "lettori", unici, specialissimi, meritevoli di ossequioso rispetto quali noi ci ritenevamo fino a prima di varcare le porte scorrevoli automatiche. 
Siamo in un safari delle pagine stampate, costretti nel ruolo dei turisti in comitiva, condotti qua e là tra monumenti di libri impilati, da chi sa orientarsi meglio di noi in quel deserto di dune di parole accatastate. 
Ordine alfabetico e/o per argomento un tubo! 
"Vada al punto 7". 
Ovvio, come no? "E come ci si arriva?"
Foto: la scala della conoscenza"Dritto, poi svolta a sinistra, oltrepassa il reparto pulci e zecche, prosegue fino a trovarsi sulla sinistra il settore decorazione della capocchie di spillo, a quel punto prende la destra e prosegue fino a che non si trova davanti la parete costruisci il tuo astrolabio... poi è meglio se si ferma a chiedere". "Avrebbe mica una piantina?"

Bhè, mi trovavo proprio in uno di questi labirinti di carta,  alla ricerca di un libro con copertina di brossura color giallino sbiadito, una figura a colori pastello al centro e una coppia di ricci in basso.
Dopo aver affrontato l'avanscoperta, una fase iniziale di esplorazione, un giro di ricognizione ed essere uscita illesa da un paio di smarrimenti, ho dovuto ammettere a me stessa di avere il senso di orientamento di un'anatra cieca.
Perciò mi sono diretta verso il "punto I" (dove la "I" sta per "incapaci di arrangiarsi da soli") con la coda tra le gambe.
Ovviamente non ricordavo nè l'autore nè l'edizione del libro che stavo cercando... ed è proprio su questo che le finte-libraie contano: si atteggiano ad apparente disponibilità per indurre l'ignaro lettore (svantaggiato proprio perchè colto nel periodo di non-lettura che segue ogni libro concluso e ne precede ogni nuovo, mentre è alla ricerca di nuovo materiale) a scoprire le sue debolezze e ZAC! lo copliscono alle spalle! E' la storia di cappuccetto rosso che si ripete in versione moderna!
Sporgendo il naso da dietro il bancone (altra tecnica per mettere in soggezione il lettore-cliente: banconi altissimi dietro i quali, dalle vette dei loro sgabelli, le pseudo- libraie incombono sul viandante smarrito), ho chiesto decisa il titolo "X" della collana "I Ricci"...
La commessa mi ha guardata sprezzante e compassionevole. Poi, con un ghigno malefico ha ribattuto: "Forse gl'Istrici?!?!?!"

Certo, non sono un'esperta di Erinaceidae (nome scientifico dei ricci), sempre di aculei e musetti a punta si tratta! Perchè stare lì a fare tanto i raffinati? E poi ho comunque ragione io: il logo della collana ritrae due ricci, che sono piccoli, simpatici e col naso a pallina! Mentre gl'iscrici sono grossi come cuccioli di maiale, goffi come comodini e con aculei lunghi così! OH! Alla faccia della commessa "pungente"!
Sul momento non ho voluto aprire il dibattito nel reparto bambini, anche perchè le librerie conservano sempre un'aura di sacralità inviolabile... però il sassolino nella scarpa mi è rimasto!







Tanto per cultura generale: 
 
"La principale differenza tra riccio e istrice consiste nella famiglia di provenienza: il riccio, chiamato anche comunemente, ed erroneamente, porcospino, è della famiglia delle Erinaceidae; l’istrice invece rientra nella famiglia degli Istricidi. Chiamare l’istrice anche porcospino è invece corretto"
E dopo questa lezione di zoologia ci sentiamo tutti arricchiti e (vista l'ora) possiamo andare a nanna tranquilli!




martedì 18 settembre 2012

Ode al giorno felice


Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.
Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.
Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.

Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.

Pablo Neruda

lunedì 17 settembre 2012

Sotto il segno del drago

Guidata dalla mia strana tendenza a riconoscermi in creature zoomorfe e a descrivere me stessa per via metaforica (ogni tanto arrivo persino a immedesimarmi in qualche ortaggio)...ho trovato su una bancarella questo simpatico draghetto e ho deciso di adottarlo come porta fortuna.
Casualmente ho anche scoperto di essere nata nell'anno del Drago.. secondo l'oroscopo cinese, che si basa su una suddivisione del calendario complicatissima, dal momento che si tratta di un calendario lunisolare, che incorpora elementi di quelli solari e lunari... Anche il 2012 è anno consacrato a questo animale).
I draghi hanno qualcosa di mitico e leggendario, affascinante, avventuroso; evocano favole popolate da cavalieri, principesse, maghi e folletti... Mentre nelle culture occidentali sono rappresentati come esseri malefici portatori di morte e distruzione, nell'immaginario orientale sono legati alla fortuna e alla bontà...
"Bene" ho pensato, sempre meglio che essere nati sotto il segno del maiale o della scimmia (animali che proprio non mi affascinano, così per estetica!). 
A parte il fatto che non amo particolarmente l'acqua perchè sono convinta che potrei annegare anche in una pozzanghera (con un po' di impegno), nè l'ibernazione, che non ho scaglie nè corna e non sono ovipara,  credo di riconoscermi in questa creatura fantastica, che simboleggia lo slancio spirituale, la visione fugace, istantanea, evanescente e illusoria della Verità ed è quindi equiparato a una manifestazione cosmica. (E qui l'egocentrismo galoppa!).
Mio marito mi definisce in due parole: "gran rompiballe"... una descrizione non proprio scientifica, sicuramente veritiera, ma un po' semplicistica... 
Per dimostarlo mi sono documentata: 
"il Drago è uno dei segni più eccentrici dello zodiaco cinese: chi nasce nell'anno di questo animale dall'aspetto maestoso, brutale e terribile insieme, sarà dotata di naturale carisma, di potenza e fortuna, avrà una mente attiva e grande interesse per il mondo che lo circonda, sarà testardo e passionale, onesto e coraggioso, individualista ma predisposto a compiere il bene per l'umanità; vitale, brillante ma anche superficiale, idealista, sensibile, generoso, ottimista, impegnato a ricercare sempre la verità è la perfezione.  Possiederà tatto, diplomazia e per destino potrà contare su un destino brillante" (wow!!!).
Nelle culture orientali, il Drago porta virtù, ricchezza, armonia, soddisfazione e fertilità. E' una creatura benevola, sempre associata all'acqua e alla folgore, dunque al simbolismo degli opposti per antonomasia (e chi meglio di me incarna la Contraddittorietà???).
I "figli del Drago" posseggono nobiltà, ambizione, dignità, vivacità, allegria, magnetismo, espansività; se qualcosa li irrita non moderano reazioni e parole (sì, sono proprio una draghetta sputafuoco!). Se le loro caratteristiche sono portate all'estremo e le loro energie utilizzate in maniera negativa, sono anche crudeli, imperiosi, sputasentenze, arroganti, pomposi, dispotici, intolleranti ed esigenti.
Insomma, un mosaico di doti e difetti! Un quadro dell'ultimo Picasso!
Dunque non sono solo una "rompiballe": sono una super rompiballe! Effervescente come la Ferrarelle, capricciosa, puntigliosa, perfezionista, permalosissima (perchè non devo dimenticare che nell'oproscopo occidentale sono un leone ascendete toro!), praticamente una strega! Fiera di esserlo e dispiaciuta solo del fatto che Madre Natura non mi abbia dotata di nari-lanciafiamme! Ogni tanto ne avrei proprio bisogno! (e non per accendere la Carbonella!)


Però guardate com'è carino il mio peluchetto! Ha anche i cuoricini sul sedere e sulla punta della coda!!!




E con questo post assolutamente inutile auguro una buona settimana!!!


venerdì 14 settembre 2012

Settembre indeciso

Settembre è il mese degli indecisi e delle indecisioni... Non è più estate ma ancora non è nemmeno autunno; un intervallo franco tra due stagioni, una troppo fiaccata dalla calura agostana per continuare a dominare il suo spazio di calendario, l'altra sorpresa come un frutto ancora acerbo cascato per sbaglio dall'albero. Nessuno si sente più in vacanza (i pochi che partono nel nono mese dell'anno "sanno" di essere dei privilegiati e se ne gloriano..."alle spalle di tutti quelli che devono riprendere il lavoro!") e gli studenti attendono con angoscia mista a noia l'inizio della scuola... ignari del fatto che i loro insegnanti sono molto più disperati di fronte a tale prospettiva!!!  
Ognuno cerca di elaborare il trauma del "rientro" a modo proprio e con ricercata disinvoltura: si ripongono maschere e boccagli, si tolgono le bustine di antitarme dalle tasche delle giacche (tanto per evitare la figuraccia di ritrovarsi in ufficio con un cartellino "Orfea" penzolante su un fianco!), si riprendono i contatti con gli amici (o si evitano fino a che il ricordo delle vacanze non sarà sfumato in un vago oblio, nella speranza di risparmiarsi la carrellata di foto e filmini di figli imbragati come palombari e pucciati in 20 cm d'acqua sulla costa adriatica...), si reimposta l'allarme della sveglia su un orario dignitoso... 6.30-7.00?
 
A tradire la vera indole dei personaggi che popolano la città di Milano nei primi giorni del "nuovo anno" sono però le scarpe e quello che si aggira nei 15-20 cm superiori...
Sì, non sono matta, nè ho un'attrazione fatale nei confronti dei piedi degli altri (nemmeno per i miei a dire il vero!)... Ma in metropolitana c'è poco da fare: che si legga un libro, si pensi a prati fioriti e pecorelle batuffolose, si sonnecchi con la testa cascante dal collo (e il rischio di dare una zuccata ora sulla spalla del vicino ora su un supporto di metallo), basta distrarsi un attimo perchè un occhio ci rotoli tra i piedi di qualcun altro. E allora si scoprono caratteri e temperamenti: c'è chi si mostra già rassegnato alle scarpe di vernice da ufficio, allacciatte strette strette fino in cima (non si sa mai che i piedi non vogliano scappare fuori e correre nudi a cercare la sabbia!), chi si ostina a sfoggiare infradito, unghie rosse e un'abbronzatura omogenea persino tra anulare e migliolo... e infine chi, indeciso, opta per un look intermedio... scarpetta di tela anonima, espadrillas poco impegnativa, ballerina saltellante... C'è l'impiegato che già sfodera il calzino a costine in filo si Scozia (che risale quatto quatto sotto i pantaloni fino ad altezza ginocchio), lo sportivo con la sua calzotta di spugna per tutte le stagioni, il "casual" che finge disinvoltura vestiaria e non si accorge che il fantasmino lampeggia in tutto il suo bianco candore dal mocassino estivo... la signora che ancora aborrisce i collant per sfruttare fino all'ultimo la sua depilazione perfetta (finchè dura va esibita!).  E poi ancora cavigliere, anelli alle dita dei piedi, finti tatuaggi all'henné fatti in spiaggia e ormai irriconoscibili nel loro disegno originario (e se non si sta attenti ci si ritrova a piegare la testa al contrario per capire di che si tratta, facendo strane smorfie interroggative mentre il proprietario della decorazione e del piede/caviglia ci guarda stupefatti indeciso se chiamare o meno la neuro...)... Quante cose dicono i piedi dei loro padroni e quanto sono lontani dalle orecchie per riuscire a sentire tutto!

L'indecisione sfocia nel vero e proprio attacco di panico di fronte alla bancarella del fruttivendolo
dalla quale occhieggiano ancora albicocche turgide, ciliegie sanguigne, angurie acquoree, pesche palpitanti, accanto a morbidi fichi e acini trasparenti... E allora perseverare nell'illusione suscitata dalle polpe colorate che ci ricordano le macedonie esotiche spiluzzicate in spiaggia, o arrendersi all'evidenza del fatto che ormai i meloni sanno di cetriolo, i manghi di cartone e le prugne di shampoo... E ripiegare su pere di marmo o mele spugnose? 


La moda si è già portata avanti; le politiche di marketing hanno deciso giàda un paio di mesi che è la stagione autunno-inverno, e mentre noi a casa stiamo ancora piegando i bikini e riponendo le pinne (che non si sa mai perchè prima avevano la loro collocazione ordianata in qualche luogo non più identificabile della casa, mentre ora stiamo progettando di abbandonarle sotto il letto non sapendo dove altro ficcarle!), nelle vetrine fanno capolino i primi pullover, giacconi da omino Michelin, animali deceduti trasformati in copricapi vichinghi, e altre primizie della fredda stagione...
Passeggiando per strada si incrociano ora T shirt, canotte e abitini succinti, ora golfini di cotone o lanetta, giacchette da vento, occhiali da sole, foulard, eccetera... cosicchè comunque ci siamo vestiti ci sentiamo sempre inadeguati. Perchè ormai il vecchio rilassante abbigliamento "a cipolla" non usa più... non ci si può buttare addosso tutto quello che viene in mente nella rilassante certezza di poterci liberare degli strati superiori per recuperarli al bisogno; occorre avere le idee ben chiare già alle 7.00 del mattino quando si apre il guardaroba (la scelta compiuta in quel momento ci condizionerà tutta la giornata: un errore può costarci caro condannandoci alla pelledoca o a 8- 10 ore di sauna). Ci vuole decisione, strategia e aggiornamento metereologico in tempo reale! Per sbagliare con convinzione!

Settembre è anche il mese delle ultime serate in cui si possono alzare gli occhi alla cupola notturna e scorgere ancora qualche stella miope, senza che uno spiffero gelido ci si infili tra collo e maglietta scivolandoci lungo il corpo fino alle ginocchia (tra un paio di mesi chi oserà sollevare il naso dal bavero peloso del cappotto correndo questo gravissimo rischio???); è il periodo dell'ultimo basilico, degli ultimi imbottigliamenti di salsa di pomodoro... Delle ultime notti senza piumino e dei primi brividi mattutini nell'aria frizzante e azzurrina.

Ci crogioliamo in questo intervallo senza tempo, a cavallo tra le stagioni, e apparentemente infinito... consapevoli che uno dei prossimi "domani" ci sveglieremo sotto una pioggia di foglie rubizze e alzando gli occhi vedremo le dita secche degli alberi che graffiano il cielo di piombo... 
E allora godiamoci l'indecisione, l'incertezza, l'attesa... dell'inizio o della fine, il senso della novità o l'attesa del ritorno a ciò che abbiamo lasciato in sospeso... Possiamo rinnovarci o ritrovarci, riconinciare da zero o da dove avevamo interrotto; in ogni caso sarà per tutti come il primo giorno di scuola, con quella trepidazione speziata d'ansia, quell'attesa inquieta e insensata, che dura fino a che non ci rendiamo conto che il mondo è rimasto ad attenderci a casa mentre eravamo altrove. E allora ci restano davanti 9 mesi per coccolarci nell'idea che ci sono infiniti "altrove" al di fuori di questo mondo, infiniti luoghi in cui potremmo e potremo essere, migliaia di viaggi, di ritorni, di sogni e tramonti ... e che, mentre qui arriva l'autunno, altrove si spalanca la primavera!   


martedì 4 settembre 2012

Alla riscoperta della me piccola lettrice

A tre anni piangevo perchè volevo la Luna. La vedevo lì, bella paffuta e lattescente in cielo, dal balcone della mia cameretta, e mi arrabbiavo perchè nessuno aveva costruito una scala abbastanza alta da permettermi di afferlarla... In fondo che ci voleva?!??! Mi sentivo piccola e impotente, e soprattutto inascoltata! Allungavo le mani verso quella palla luminosa che mi appariva tanto vicina; appena più in là delle mie dita... sarebbe bastato che qualcuno di prendesse in braccio e sarei siuscita a raggiungerla! Crescendo ho smesso di desiderare satelliti, ma ho continuato a "volere la luna", coltivando un sano spirito di insoddisfazione stimolante che forse un giorno mi ci condurrà davvero su quel pallone luminoso e un po' ammaccato... a cercare il senno perduto come Astolfo per Orlando furioso... Nell'attesa di compiere questo viaggio ultreterreno ho scoperto che ci sono mondi altrettanto "esotici", fantastici, straordinari in cui villeggiare per un po', Lune legittimamente desiderabili e scale con un numero di pioli sufficienti da poterle raggiungere. 
Ho imparato a leggere! Ho scoperto quegli oggetti sfaccettati, colorati fuori e spesso pallidi all'interno (come alcuni frutti di paesi lontani) che sono i libri; misteriose mappe di strade d'inchiostro in apparenza parallele, ma in realtà destinate a intrecciarsi, intersecarsi, avvilupparsi in meravigliosi arabeschi mentre le si percorre. E non c'è navigatore satellitare che tenga: bisogna perdersi, almeno un po'... distrarsi un attimo e "perdere laTrebisonda"... tanto in un mare di cellulosa non si annega... e nemmeno in un oceano di duemila pagine!
Ho iniziato a perdermi nei miei libri ("miei" perchè li ho resi tali, ma ciascuno ha il diritto di perdersi nei propri e di percorrere le proprie strade inchiostrate senza pestare i piedi agli altri lettori), e solo così ho iniziato a "trovarmi"... Non dico RI-trovarmi perchè nella beata ingenuità che precede l'età della lettura (quella definibile in greco "dell'alogon zoon", dell'"animale stolto" o "essere privo della parola") credo di non aver avuto nulla da "riscoprire" di me stessa, ma tutto da sondare, conoscere, indovinare e indagare con curiosità. Già, perchè in fondo mi sono sempre considerata una creatura un po' strana, come quegli animali che si vedono nei documentari (lì e solo lì perchè mai nella vita capiterà a nessuno che non sia un naturalista di trovarselo sotto il naso!) e che non si capisce bene se ci ispirino curiosità o perplessa simpatia; o come quegli strumenti che già dal nome si capisce che non sapremmo bene da che parte girarli o come maneggiarli... che so: "astrolabio" o "caleidoscopio"... Bho, alla fine uno rinuncia e li ficca in un cassetto mentale con il falso proposito di rispolverarli più in là. 
E per fortuna che, pur avendo tutta questa confusione in testa, mi hanno chiamata "Chiara"; mi avessero dato nome "Teodolinda" sarei impazzita a sei anni!
Dunque i libri mi hanno piacevolmente confusa (perchè mi hanno introdotta alla conoscenza di me stessa... un gran caos!), abbagliata e affascinata: ho scoperto che non c'è solo la luna ma anche tantissime stelle e altrettanti pianeti sconosciuti, e mondi e personaggi, in continua crescita ed espansione, come l'universo... E che per quanto a lungo potremmo vivere e per quanto a lungo potremmo leggere prima che ci caschino gli occhi non riusciremmo mai ad esaurire tutto ciò che è stato scritto, sarà scritto, potrebbe o dovrebbe essere scritto (è una visione molto ottimista della capacità creativa dell'umanità, lo riconosco!). 
Così ho cominciato a esplorare tanti piccoli- grandi mondi, ad abitare castelli (per aria, su roccia, di carta), a visitare città (visibili, invisibili, immaginarie, reali), a conoscere un sacco di gente interessante e a costruirmi una vita affollatissima!
Ma tutto è partito da una stanza (la stessa dalla quale vedevo la luna). 
E forse tutto è iniziato con un libro, questo libro: "Matilde", un elogio all'intelligenza e alla curiosità infantile, una celebrazione della lettura come una delle esperienze più alte di crescita interiore, di appagamento, di auto-rassicurazione... e anche un po' di compensazione.
Ci sono tanti modi per rendersi "felici": compiere un viaggio, accarezzare un animale (ovvio, magari non una capra...penso piuttosto a un gatto morbito o a un coniglio cicciottello), intrecciare le dita attorno a una tazza di tè caldo (o caffè o cioccolata o latte, ecc ecc), mangiare un pasticcino, accoccolarsi sotto una coperta calda.... e perchè no: rifugiarsi in una biblioteca accogliente, meglio ancora se la bibliotecaria si chiama "signorina Felpa"! Basta dire il nome per sentirsi in pigiama e pantofole, pronti alle coccole!

Dunque GRAZIE "Matilde" per aver insegnato, a me e a tanti altri piccoli/futuri adulti, alcuni di questi momenti di gioia! 

Dedicato a un libro geniale, rassicurante, intelligente e anche un po' commovente, che ha fatto germogliare in me il seme da cui è fiorita la lettrice di oggi... inestirpabile e inarrestabile come un'erbaccia! Un'erbaccia felice, con tanti piccoli mondi conservati l'uno accanto all'altro (e forse l'uno "nell'" altro) nel cuore, nella mente e nella libreria.



domenica 2 settembre 2012

"crème brulée" di ricotta al pistacchio con pera cotta al vino bianco



Ingredienti per 4 persone:
  • 400 g di ricotta fresca
  • 100 g di caciocavallo
  • 50 g di granella di pistacchi
  • 4 pere Williams bianche
  • 1 cucchiaio di pangrattato
  • pepe nero macinato al momento
  • sale
  • 0,5 l di vino bianco
  • un pizzico di cannella
  • 1 chiodo di garofano



Sbucciate le pere lasciandole intere e tenendo il picciolo e fatele cuocere nel vino allungato con mezzo litro d'acqua e aromatizzato con la cannella e il chiodo di garofano per circa mez'ora (o comunque finchè risulteranno morbide).

Nel frattempo versate in una ciotola la ricotta e il caciocavallo spezzettato, la granella di pistacchi, un pizzico di sale e di pepe e amalgamate il tutto; imburrate e cospargete di pangrattato 4 stampini da forno e riempiteli con il composto; spolverate la superficie con un altro velo di pangrattato e di caciocavallo grattugiato. Infornate in forno preriscaldato, lasciando cuocere in modalità grill (al massimo) fino a che sulla superficie si sarà formata una crosticina dorata e croccante.
Prima di estrarre i tortini di ricotta dagli stampi eliminate il grasso in eccesso liberato dal formaggio; quindi impiattate tenendo verso l'alto la superficie gratinata.
Servite nei piatti individuali un tortino e una pera cotta, cospargete con della granella di pistacchio e una spolverata di pepe macinato al momento e servite.