Oggi la campanella tace, non si sgola riecheggiando per i corridoi dall'atmosfera un po' ospedaliera delle scuole. Sta zitta. E non solo perchè è domenica; protrarrà il suo afasico sciopero per almeno tre mesi. Perchè è finita la scuola, da ieri, e per i più fortunati già da due giorni.
Guardando fuori dalla finestra immagino il cielo invaso da tante piccole "Zzzzzz..." (invisibili) da fumetto... scappate dalle stanze di studenti che, pronti a mandare il cervello in standby per tutta l'estate, si godono il letargo nel limbo che separa la fine delle lezioni dalla consegna delle pagelle con relativi debiti-crediti-tasso di interesse?... (nella scuola di oggi non ci si capisce più niente e più che di voti sembra di studenti sembra di parlare di pacchetti azionari!).
Ma "è finita la scuola" oppure "la scuola è finita"?
Sottigliezza linguistica rivelatrice di un grande dilemma.
Nell'ultimo saggio che mi è capitato di recensire (Norberto Bottani, "Requiem per la scuola (?)", Bologna, Il Mulino) l'interrogativo assume una sfumatura ironico-apocalittica: la scuola si è suicidata? E' defunta o agonizzante? Dobbiamo rassegnarci a staccarle la spina, piangere sulle spoglie della cara estinta e celebrarne le esequie? O c'è ancora speranza per un'iniezione miracolosa di vita e spazio per un suo intelligente restyling? E ancora: si può fare a meno della Scuola? Dipende...
Si può fare a meno della cultura? No.
Ma scuola-istruzione-cultura non sono termini legati da un rapporto logico-causale nè di implicazione reciproca.
E su questo ci possiamo mettere mani e piedi sul fuoco; basta farsi un giretto esplorativo su facebook e dare una scorsa allo "stile letterario" impiegato dagli attuali giovani-studenti-(ex), per rendersi conto dei "frutti" prodotti dall'albero dell'istruzione attuale. Se poi si passa agli articoli di quotidiani e riviste (che si suppongono scritti da fior di laureati o giornalisti "coronati", quegli individui un po' spocchiosi, che si vantano del titolo di intellettuali, quando la loro competenza in fatto di "lettere" dovrebbe limitarsi a quelle magnetiche che si attaccano sul frigo per ricordarsi di comprare il prezzemolo!) viene voglia di piangere. Non c'è una virgola al suo posto nemmeno per spaglio, strafalcioni grammaticali a manciate e una sintassi penosa nella quale il cervello dello sventurato lettore annaspa, annega, si perde alla ricerca del filo di Arianna perduto. E la notizia evapora.
Alla luce di un anno di drammatiche ripetizioni, imposte a ciucci di diverso calibro, da genitori spinti ad un livello più o meno elevato di disperazione (alla prospettiva di una pagella piena di X come una schedina del Totocalcio!) posso dire che licet strapparsi i capelli!
Ho visto cose che non potreste nemmeno immaginare!!!
Temi insulsi e insignificanti, errori che rivelano un'ignoranza catastrofica (trampolini dai quali la logica precipita lungo una scarpata oceanica chilometrica per inabissarsi in un buco nero, aspiratore di ogni possibilità di recupero), una capacità di ragionamento piena di falle ampie come il buco nell'ozono e un totale disinteresse per il mondo (sia quello della pagina scritta sia quello reale circostante).
Un esempio: (Storia) parlando del pensiero e dell'orizzonte ideologico medievali, in cui la superstizione dominava imperante e l'interpretazione allegorica della realtà determinava una mancata distinzione tra dati reali ed elementi tratti dal mito e dalla leggenda e depositatisi nell'immaginario collettivo, siamo inciampati nell'affermazione: "Un grifone era reale quanto un leone". Al che ho avuto la malaugurata idea di chiedere "Hai capito cosa vuol dire?". Risposta: "Sì, che il grifone (definito dal pargolo come "Uccello notoriamente usato per la caccia"... la confusione col falcone è sottintesa) era molto costoso, come un leone, e quindi solo i re potevano permettersi di acquistarlo".
....
(ogni commento è superfluo!)
Ma quello che più mi stupisce e mi allarma è la "bestiaggine" e la totale mancanza di buon senso rivelata dai professori, esibita non solo nelle plateali, pittoriche, correzioni a tinte forti sui compiti in classe (pagine che finiscono con l'assomigliare a un campo di battaglia navale) ma nella totale imbecilità dei compiti assegnati!!!
Domanda a cui rispondere per iscritto: "Perchè gli dei erano filosofi?".
Giuro che cinque anni di liceo classico e altri cinque di Lettere Moderne non sono bastati perchè sapessi rispondere (sarò vittima anch'io della mala-Scuola???). Ma che domanda è?????
Oppure: compito per le vacanze di Natale: tutta la parafrasi del Canto IX dell'Inferno. Ma a che scopo?
Già la "parafrasi" è di per sè un'operazione demenziale, il modo più efficace per scempiare la poesia; prescriverla solo per la ragione che non si sa cos'altro far fare agli studenti affinchè non si godano le vacanze è il massimo! Il modo migliore perchè al termine dell'istruzione obbligatoria facciano un bel falò di classici e si ritirino a trafficare oppio nel Triangolo d'Oro!
Ma non è tutto.
A nessun sedicenne, nemmeno al più leopardiano amante dello studio masochistico si può imporre, nel corso dell'anno, l'analisi di CINQUANTA sonetti di Petrarca! Io stessa che l'ho aiutato a svolgerla, sono ormai perseguitata dall'immagine di Laura seduta sulle rive del Sorga, sotto la pioggia di petali... e vorrei annegarcela in quel ruscelletto! Lei e quell'altra Beatrice! Piantala di fare la sostenuta e concedi sto saluto al povero Dante, così la finiamo!!!
Quante volte, per sopravvivere alle 2 ore di lettura monotona e singhiozzante di versi trecenteschi, per sopravvivere alla sofferenza, mi sono ritrovata a immaginarmi le due fanciulle mentre litigano ferocemente e si accapigliano strappandosi i boccoli d'oro!!! Modernizziamo l'immagine della donna angelicata!
Ci sono poi temi, che ora non si chiamano più temi, bensì (con una differenza che si è rivelata fondamentale per la solidità della cultura dello studente del terzo millennio) "argomentazioni". Che poi l'argomento sia del tutto in-argomentabile è un dettaglio che bisognerà affrontare di fronte al muto foglio bianco, inchiostrato solo dall'incipit Nome-Classe-Data.
"Descrivi il tuo piatto preferito".
Contributo all'evoluzione della letteratura italiana zero, interesse per l'umanità -25!
Oppure:
"Parla di una boccetta di profumo".
Panico.
"Una boccetta di profumo è un oggetto".
Bene, ottimo inizio. Che altro? Cos'altro si potrà mai dire su un oggetto che non è neppure il profumo in sè (distillato affascinante sul quale sono stati scritti trattati e romanzi), ma proprio il contenitore! Bisogna ingegnarsi! E siccome io ho tanta fantasia (unico strumento di sopravvivenza alle avversità della vita e rimedio contro l'inacidimento del fegato), ecco a cosa sono approdata:
"Strano ma vero, è possibile affezionarsi anche a una boccetta di profumo"
Dopo aver esalato l'ultima spruzzata, è rimasta a lungo a guardarmi, nella sua vuota trasparenza, dalla mensola del bagno, dandomi il Buongiorno ogni mattina e scrutandomi con l'aria interrogativa (che ha assunto da quando ha smarrito il suo cappuccio) come a dire "Che ci faccio ancora qui?". Non sembra vergognarsi della sua semi-nudità; mantata solo di un'etichetta trasparente recante un antico nome di battesimo non più leggibile, che lascia vedere il suo scheletro di plastica e, al suo interno, ancora un residuo di linfa vitale che non è mai riuscito a risalire la sua flessuosa spina dorsale, restando sul fondo in perpetuo ricordo della sua distillata inutilità.
Giuseppe Gioacchino Belli: Il saggio del Marchesino Eufemio
RispondiEliminaA dì trenta settembre il marchesino,
D’alto ingegno perché d’alto lignaggio,
Diè nel castello avito il suo gran saggio
Di toscan, di francese e di latino.
Ritto all’ombra feudal d’un baldacchino,
Con ferma voce e signoril coraggio,
Senza libri provò che paggio e maggio
Scrivonsi con due g come cuggino.
Quinci, passando al gallico idïoma,
Fe’ noto che jambon vuol dir prosciutto,
E Rome è una città simile a Roma.
E finalmente il marchesino Eufemio,
Latinizzando esercito distrutto,
Disse exercitus lardi, ed ebbe il premio.