sabato 20 luglio 2013

"La cerimonia del mattino"


Le parole racchiudono mondi e immortalano momenti. I suoni, il flessuoso inseguirsi delle curve d'inchiostro sulla carta, lo stupore infantile di fronte al concretizzarsi della prima parola tracciata dalla maestra sulla lavagna... Le parole sono "sostanze" che danno corpo a pensieri, disegnano "spazi" e ambienti, si pongono quali perenne testimonianza di vissuti ed emozioni.
Si possono amare le parole in tanti modi e per tante ragioni; i letterati le "usano", le "venerano", vi giocano, le rispettano o le sfruttano, storpiandole e piegandole al loro volere; gli "utenti" passivi ne colgono la natura strumentale, l'"utilità" pratica, quelli più raffinati ne colgono le implicazioni artistiche, ne riconoscono l'"anima".
Non è necessario che le parole siano "belle" perchè siano amate; i significati che evocano possono essere del tutto indipendenti dal loro suono o dal contesto di impiego, legandosi talvolta a ragioni profonde e inconsce...

Ho imparato a leggere e scrivere a 5 anni... e da allora mi sono ubriacata di parole fino a sviluppare una vera e propria dipendenza, dalla quale credo ormai di essere (fortunatamente) irrecuperabile!!! Credo che se cascassi e mi rompessi la zucca, si vedrebbero miliardi di parolette che scappano da tutte le parti, alcune sciolte, altre tenendosi per mano... come le tartarughine neonate che corrono sul bagnasciuga dopo aver rotto il loro guscio!
 
Tra queste parole che mi affollano il cranio, ce ne sono alcune di cui sono inspiegabilmente innamorata; una di queste è colazione: ci sento dentro il crepitare del caffè nella mocha, anacronistica e ormai obsoleta che nella mia, come in metà delle cucine del mondo, è stata sostituita da una moderna e pratica macchinetta automatica (bellina, per carità, ma la vecchia caffettiera che borbotta sul fornello e se te la dimentichi sputa fuori metà del suo contenuto aveva tutt'altro fascino!); vi è poi (in tutte quelle zzz, che sono una sola ma sembrano tante al mio orecchio) l'asprigno frizzantino come l'aria mattutina del succo d'arancia (che per altro non bevo, ma di cui mi piace la fresca immaginaria presenza in un ipotetico bicchiere); ci sento il caldo profumo del pane appena sfornato, che esce dalle bottegucce agli angoli delle strade (non vivo nel paese di Hansel e Gretel; gli artisti del pane grazie al cielo sopravvivono anche nelle grandi città!) e risale lungo le pareti degli edifici per infilarsi nelle fessure delle finestre bisbiglianti sul mattino.
In questo lessema (o forse solo nella mia mente favoleggiante) ci sono poi la consistenza traballante delle confetture di frutta, che scivola su un velo opalescente di burro, il tintinnìo delle tazze di porcellana, i gesti ripetuti ogno giorno e ogni giorno diversi, il primo "Buon giono" domestico, il primo toccarsi nei movimenti minimi del passarsi il vasetto del miele o il bricchetto del latte...

Colazione (con la maiuscola che non dipende solo dalla pausa interpuntoria) per me è il primo rito celebrativo del giorno, il primo omaggio alla sicurezza di una quotidianità "casalinga" ogni giorno rinnovata; cerimonia i cui strumenti sono gli oggetti consueti, le "buone cose" di sempre, ma a anche i loro sostituti esotici; il fascino della colazione in quanto inchino al nuovo giorno permane anche lontano dal "nido", anche di fronte a un'alba straniera, a un cielo capovolto, a un pane nato da grano altrui.

Ho fatto colazione nella luce d'oro del deserto, con pane cotto sotto la sabbia e tè alla menta, o nella selvatichezza africana, di fronte al fuoco e nel silenzio che segue l'acquietarsi della vita notturna e precede il risveglio di quella assolata del continente nero e delle sue creature.

Ho partecipato a questo magico rito prima dell'alba, nel buio stellato dei privilegiati insonni, o su balconi affacciati al vento salato e blu della Grecia, eterno e amato rifugio per l'anima bisognosa di pace...con yogurt compatto e candido, miele luccicante di sole e fichi dolci come gli attimi più intimi della notte conclusa...

Ma anche al bancone di bar affollati nel groviglio caotico e pieno di vita del traffico mattutino di Roma, con il suo sovrapporsi di saluti, tintinnìo di piattini e monete, intrecciarsi di cornetti e tazze traboccanti schiuma profumata, accalcarsi di lavoratori che si sfiorano in una danza propiziatoria del "buon lavoro" e anticipatoria delle rispettive imminenti incombenze...
Mi è capitato di dover fare colazione in enormi sale da pranzo deserte di hotel, prima delle partenze aeree super-mattiniere, quando nemmeno il personale alberghiero è stato disposto ad assistere al rituale del mio risveglio fisico, ma mi ha usato la gentilezza di predisporlo in anticipo la sera prima...


Mi sono stupita di fronte ad usanza gastronomiche tanto diverse da quelle europee, al cospetto di zuppe di pollo e noodles, polpette di pesce e altre stravaganze culinarie, servite e consumate a tutte le ore lungo le strade tailandesi, gremite di baracchini fumanti e tuc tuc sfreccianti in tutte le direzioni...


 
Ovunque ho vissuto le mie colazioni come momenti speciali; attimi fermati e goduti nel fluire ciclico e irripetibile dei giorni, delle vite degli altri e della mia; cogliendo ogni volta il privilegio dell'"essere" ancora dopo la pausa notturna della mia metà del mondo...
I primi sapori, colori e consistenze mattutini sono stati gli accordi degli strumenti delle mie giornate, gli ingredienti di sostegno alle occasioni importanti, le note su cui intonare intere esperienze racchiuse nello scrigno del "dì"...
Intrecciare le dita attorno a una tazza di te fumante, la "mia" tazza di te, spalmare di burro e marmellata una fetta di pane tostato come gesto d'amore per qualcun'altro o per me stessa, apparecchiare con cura un micro pic nic improvvisato sul balcone di casa per iniziare il giorno in modo speciale...

Sono attimi impagabili, racconti irripetibili eppure rinnovabili nell'antologia di una vita, proemi lucenti di splendide storie che si distendono da un'alba all'altra, in un'infinita collana di attese e certezze, progetti e tributi al passato, ricordi e consapevolezza delle novità pronte aschiudersi nell'arco di due rotazioni della "lancetta corta" nell'arena dell'orologio...
Dunque abbasso il brunch! Invenzione economica per pigri o frettolosi, indecisi o incapaci di fermarsi per un attimo ad assumere consapevolezza della propria rinnovata creazione alla vita e della vita; moda distruttrice del privilegio del risveglio sensoriale quotidiano, della calma e della sosta che segna la soglia tra veglia e vita, tra buio e luce, tra intimità del sonno e pubblica esibizione del proprio sè sociale... Momento per essere se stessi prima di apparire agli altri, per raccogliersi nella solitudine delle proprie abitudini, anticipando l'immergersi nella compagnia del mondo....

Tutto questo per dirmi e dire a tutti "Buon giorno!"

1 commento:

  1. Mario Luzi:

    ...L’ora è quella cruda appena giorno
    che il freddo mette a nudo la città
    livida nelle sue pietre, tagliente
    nei suoi spigoli e, dentro, nell’opaco
    versano latte nelle tazze, tostano
    pane, il bambino mezzo desto biascica
    mentre appunta sul diario il nuovo giorno. ...
    [Il duro filamento]

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