lunedì 5 agosto 2013

Quarto di secolo

Qualche tempo fa una persona molto superficiale, mi ha detto che sono troppo giovane per potermi considerare "saggia". Ovviamente sul momento, per il disappunto, il mio naso si è acceso come quello dell'Allegro Chirurgo... Sì, perchè ognuno somatizza gli eccessi di energia (positiva o negativa) come può: alle lucciole si illumina il posteriore, a me avvampa il "canappiotto" (per citare mio marito)... e la bobina sono le emozioni che mi turbano l'animo.

5 agosto 2013: il mio "anniversario d'argento"!
25 anni. Una miseria. Un'eternità.

Ho sempre immaginato il tempo come un punto, privo di spessore ma infinitamente profondo (vedasi il famoso paradosso di Achille e la tartaruga! Bel guadagno per la tartaruga! E che smacco per l'eroe!): ogni istante unico e irripetibile, effimero eppure eternamente racchiuso in quel fluire costante e inarrestabile che lo rende identico a tutti gli altri che lo precedono e lo seguono. Attimo: una nullità, un frammento, una virgola in un discorso, un barlume fugace che tuttavia può cambiare profondamente e irrimediabilmente il corso della nosta vita, del nostro "essere".
 
Venticinque anni sono una successione di questi punti, raccolti in ore, finestre spalancate sull'esistenza quotidiana, custodi del nostro bisogno di scandire il ritmo vitale che ci muove per dare un ordine e un senso al nostro agire.
E le ore raggruppate in giorni, come acini splendenti di grappoli dorati. Ogni giorno un ponte tra ieri e domani, tra la certezza del passato e la speranza di un futuro, a cui diamo un nome per esorcizzare la paura che ci sfugga tra le dita prima che possiamo giungervi.

Il tempo ha il valore che gli si dà, vivendolo, percorrendolo, condividendolo. Il tempo vissuto ha un valore commisurato alle esperienze che vi abbiamo dipinto, degli aspetti della nostra personalità che vi hanno preso forma...

Venticinque anni sono una sequenza di ieri- oggi- domani sufficiente per aver messo da parte una buona dose di "calci sui denti" ma anche costruito uno "scrigno" (scelgo volutamente questo termine, più appropriato rispetto ad archivio o serbatoio... che mi danno un'idea di staticità e "inutilizzabilità") di ricordi meravigliosi.
Pochi anni vissuti intensamente possono contenere la ricchezza di un'intera esistenza (consiederando che la durata media della vita attuale è calcolata sugli 80 anni); le età sono numeri, chi le indossa sono persone. Ogni "abito" si fa stendardo e schermo di comportamenti e attitudini morali: incertezza, arroganza, esibizionismo, dignitoso rigore, sregolatezza, equilibrio, passioni, abbandoni o reticenze che palpitano nel corpo che gli soggiace.
 
"Tutto in un punto" non è solo il titolo di un racconto delle Cosmicomiche di Calvino; in ogni "punto" della nostra esistenza si specchiano tutte le emozioni, le esperienze, le aspirazioni, le paure che siamo capaci di vivere, cui abbiamo il coraggio di abbandonarci.
Così, punto su punto, attimo dopo attimo, mi sono costruita i miei primi 25 anni, mi sono costruita IO. Abbastanza adulta per aver elaborato un personale "senso del mondo", ma ancora giovane a sufficienza per trovare giustificazione all'innato egoismo, all'arroganza inesperta (la famosa ubris per cui gli dei dell'antica Grecia mi avrebbero incenerita!); con alle spalle una dose sufficiente di tempo per aver accumulato errori e soddisfazioni, conoscenze, esperienze, amicizie, abbandoni...
Ho imparato che siamo unici, soli eppure inevitabilmente intrisi nei rapporti che ci legano agli altri, siamo liberi e schiavi, orgogliosi e miseri. Siamo ossimori, contraddizioni deambulanti su strade forse predisposte da altri ma che siamo noi a scegliere e a percorrere con la scorta della nostre guide elettive. Ogni giorno arricchiamo il nostro puzzle di bellezze, errori, finzioni, lampi di luce e di calore che si fondono nel crogiuolo del nostro spirito.

Abbiamo il diritto di fingere, di sbagliare, anche di essere cattivi, ma mai quello di avvilire un altro essere.
Invece dei sette peccati capitali io semplificherei il dogma della morale umana in una semplice prescrizione: "Non umiliare".
Amore e umiliazione presuppongono la più intrinseca, spaventosa, vicinanza tra due creature; credo che l'unico vero peccato di cui l'uomo sappia imbrattarsi, a differenza degli altri animali sia usare questa prossimità per togliere orgoglio e significato all'altro, incrinandogli l'anima...
E allora non basta più chiedere scusa.

Ciascuno di noi si porta dietro i propri macigni... tutto sta nello scegliere se trascinarseli legati al collo o metterli in un'elegante pochette!




Un bravo poeta italiano ha scritto:  
"La vita è una stoffa che i giovani vedono dal dritto, i vecchi dal rovescio"
(Sbarbaro, Fuochi fatui)
E' una bella similitudine, ma a me piace l'idea di poter continuare a guardare la vita sempre dalla stessa parte del "Velo di Maya"; la consapevolezza, la "verità", la sincerità, il coraggio, la paura, la responsabilità non possono essere rimandate a un'età futura più o meno definita... Vecchiaia o giovinezza, la dose di vita che ci portiamo dentro non è numericamente quantificabile.

La vita è qui, ora, ogni istante, e buttarne via anche solo un pezzetto è come morire un po'. 







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