"Beata inflienza!"... Così scrive Gina Lagorio, nella sua opera intitolata Inventario (Milano, Rizzoli, 1997), dove la convalescenza viene rappresentata come occasione per legittime trasgressioni ai "doveri" quotidiani, per lecite abbandoni ai piaceri dell'otioum, il "riposo impegnato", come "sciali faraonici di letture non finalizzate al lavoro e alle convenzioni sociali" (p. 55).
Niente di più vero, niente di più ingannevole...
La stessa autrice scrive:
La cura appartiene alle donne [...] in famiglia prima, e nel mondo poi. Così ho incontrato cortei di virus, festival di germi, enciclopedie di malanni [...]. Qualche volta [...] dicevo: "Un giorno o l'altro mi verrà un coccolone", ma erano parole, e già la domestica ironia implicita nel nome ne negava l'assunto. Sempre di coccole del destino si trattava, un po' ruvide magari, ma srmpre coccole. (Gina Lagorio, Càpita, Milano Garzanti, 2005, p. 11).
Infine ci sono i genitori che reclamano silenziosamente un po' di quella legittima attenzione che meritano per tutte le cure riservateci quando eravamo noi ad averne bisogno...
Fortunatamente, non dovendo convivere con la peste bubbonica ma con più banali esantematiche come morbillo, varicella e rosolia, emicranie, e al massimo qualche ernietta... riusciamo a trascinarci (noi curatrici) almeno all'età della menopausa senza incorrere in 18 esaurimenti nervosi e senza sviluppare anticorpi grandi come elicotteri!
Santità? Magia? No. Spirito di sopravvivenza e capacità di adattamento. Abbiamo imparato la virtù della tolleranza verso i malati, reali e "immaginari", desiderosi di attenzione o bisognosi di coccole, allergici alla solitudine, portatori sani di insicurezza o malinconia, oltre che affetti da qualche bacilloo o virus dal nome assurdo e simpatico (generalmente un'infilata di lettere lunga mezzo metro, in spavalda contraddizione con la dimensione microscopica dell'essere chiamato a individuare: Paramyxovirus, Streptococcus Pyogenes, e simili).
Così come ci siamo trasformate in topini dei denti per rendere meno traumatica la perdita del primo incisivo, in fate mescenti pozioni che rendono "forti e coraggiosi" per somministrare sciroppi, in narratrici di fiabe che trasformano ogni sera lettini in navi incantate che veleggiano verso la dimensione dei sogni per rendere meno spaventoso il buio, allo stesso modo abbiamo saputo fare della convalescenza (nostra e altrui) una circostanza di "eccezione", una possibilità di "pausa", una parentesi all'interno dell'incessante discorso della vita ordinaria: un salotto caldo e morbido riservato a pochi "privilegiati" che hanno attenuto uno speciale ma temporaneo "permesso".
Quando il malanno non è grave, la convalescenza (cioè tutta la fase intermedia che separa lo strisciare dal letto alla poltrona, ciabbattando per casa con vestaglia, occhiaie, colorito da gallina bollita e capelli da Medusa dalla completa guarigione) costituisce un piacevole, obbligatorio, momento di stasi, un'esclusione forzata dal mondo della praticità produttiva: è tempo per se stesse...per fare abbuffate di libri e riviste (lecito in questi casi spaziare da Prous a Danna Moderna), impigrirsi davanti a programmi tv che mai si guarderebbero nei momenti di lucidità mentale, starsene disordinate, stropicciate, anche (volendo) dopate di farmaci! Possiamo addirittura dare retta a qualche speranzoso centralinista della Telecom, che sarà piacevolmente sorpreso di scoprirsi ascoltato anzichè mandato al diavolo dalla nostra voce nasale! Nei casi più provvidenziali un bel virus gastro-intestinale di fine stagione può anche contribuire nello smaltimento degli eccessi natalizi...
Quante volte ci capitano occasioni del genere??? Carpe diem!
Insomma... noi donne abbiamo proprio imparato a vedere la boccetta dello sciroppo mezza piena...
MA (un "ma" che insinui qualche dubbio in tutto questo ottimismo è doveroso!) noi fanciulle affette dalla sindrome di Wonder Woman abbiamo un difetto congenito: così come siamo abituate a svolgere contemporaneamente cinque o sei attività, così abbiama talvolta la pessima trovata. per risparmiare tempo, di sobbarcarci il peso di due o tre patologie nello stesso tempo. Anche in questo frangente è l'indole della massaia operosa che domina! Ma attebzione: non tutti i morbi vanno d'accordo l'uno con l'altro, nè possono convivere nello stesso organismo senza provocare effetti collaterali degni del "bugiardino" più catastrofistico!

Non è una lezione di design ma una verità sacrosanta, come sto sperimentando proprio in questi giorni... Ho avuto il colpo di genio di accogliere la primavera sommando una bella sindrome influenzale, con tutto il corredo di febbre, nausea, dolori dalle ciglia in giù (anche a muscoli che neppure sapevo di avere!) e "sedute plenarie di gabinetto", con i postumi dell'intervento laser che "dovrebbe" avermi fritto le cornee e corretto la miopia...


Aspetti positivi della situazione:
- Grazie al cielo dalla mia immagine riflessa nello specchio mi separa un muro di nebbia...perchè non devo essere proprio uno spettacolo con gli occhi da rospo...
- Posso indossare occhiali da sole da diva di Hollywood anche se piove, senza sentirmi in colpa di fronte allo sguardo di chi mi osserva con un punto interrogativo dipinto in fronte..
Nessun commento:
Posta un commento
Per lasciare un commento seleziona la voce "utente Google" dal menù a discesa.