Primo lunedì dell'"anno nuovo"; sì perchè, in barba all'ufficialità del calendario astronomico e alle sue
periodizzazioni, è ora che tutto riacquista il suo "ritmo" consueto, che gli oggetti recuperano il loro spazio naturale e il tempo riassume "volume", dopo il suo sfilacciarsi ozioso nell'omogeneità cronologica della pausa estiva.
Pronti a ripartire???
Si è da poco celebrato il capodanno scolastico, il che significa che l'espressione "vacanze estive" è ufficialmente bandita dall'uso linguistico nazionale per i prossimi 9 mesi...
Fatta questa tragica constatazione, stiamo tutti arrotando le armi... ciascuno a suo modo.
Per noi donne i "postumi" del rientro si riflettono immancabilmente sull'aspetto esteriore: quelle che non vogliono squamarsi come orate o ritrovarsi lucide come pitoni (inevitabile dopo mesi di oli abbronzanti al cocco, creme idratanti all'avocado, doposole al mango... e tutti gli altri prodotti che possano farci assomigliare olfattivamente a una bancarella di Bangkok) si dedicano a ruvidi trattamenti esfolianti, scrub, peeling total body... insomma una bella grattugiata e l'estate è dimenticata! (proverbio o filastrocca?)
Per coloro che invece non sanno rassegnarsi all'imminente pallore e perseverano con ostinazione nella ricerca dell'eccesso di melanina, qualche mente crudele ha ideato gli autoabbronzanti, che conferiscono un effetto dalmata stinto... parodia anacronistica della tintarella.
Tutte siamo alle prese con capigliature da hippy, dalla nuance e dalla consistenza del ciuffo della pannocchia... e non c'è balsamo che tenga; ci vuole una bella sforbiciata (cihe fa rima con la grattugiata di prima).
Risolti questi problemi "superficiali" sarà forse il caso di ampliare lo sguardo alle faccende non liquidabili nell'ambito di un centro estetico (anche perchè di tali questioni dovremo preoccuparci solo per poco, visto che il calzettone si allunga in maniera direttamente proporzionale al discendere della temperatura, e se il clima continua così tra una settimana saremo tutti imbacuccati!).
Quante mamme e quanti papà si trovano alle prese (più dei diretti interessati) con i "primi giorni di scuola"? Dopo il tripudio di colori di matite e quadernoni nuovi (astute lusinghe pensate per rendere meno traumatico il passaggio dal mondo delle coccole e del gioco a quello dei doveri, dei compiti, della disciplina), è ora il momento delle pagine intere coperte della lettera A A a a (e via di seguito per tutto l'alfabeto, cosicchè il primo quaderno d'italiano è esaurito nell'arco di una settimana), dello sgorgare della prima parola "ufficiale" (perchè destinata a permanere come imperitura testimonianza filologica del primo atto linguistico consapevole) dall'inchiostro della biro cancellabile, dei primi arcani o miracoli dell'aritmerica (perchè mai 5x8 dovrebbe fare 40 se già ci pensa l'8x5? Al diavolo la proprietà commutativa!)...
La prima elementare è una scalata, per quegli "alunni" che nel grembiule bianco non c'entrano più, ma tutte le sere (da qui ai prossimi 5 anni) si ritroveranno accovacciati sul tappeto del salotto, alle prese con la "lacrima" dell'articolo determinativo l' che ha perso la "coda", con i versi della poesia "Riobò" da recitare a memoria, con le ricerche sulla Manta birostris o sulla fotosintesi clorofilliana...
Le spiegazioni pittoresche e favoleggianti fornite fino a questo momento alle domande del curioso pargolo non bastano più; agli occhi creduli che ci guardavano incantati come fossimo l'oracolo di Delfi, depositari di tutta l'umana scienza si sostituisce l'espressione scettica e sprezzante di chi esige risposte scientifiche; e la perdita dell'autorevolezza profetica del genitore è sancita dal passaggio dalla professione di fede del "La mia mamma mi ha detto" al culto del "Lo ha detto la maestra" (dove peraltro la soppressione del dativo esprime la validità universale e incontestabile del dogma). Crucci e piaceri della vita scolastica genitoriale!
Che si "seminino" tabelline pitagoriche o cavoli verza, ravanelli e spinaci (ma è periodo anche per lattughino da taglio, radicchio, scarola, bietole e se a qualcuno interessa posso continuare l'elenco nella sezione "ricette"), c'è nell'aria l'attesa di qualcosa di diverso; si ricreano i consueti equilibri e se ne istituiscono di nuovi... Bisogna riaggomitolare il senso dei giorni... Quel senso che non è necessario inventare quando si viaggia, quando la storia si scrive da sè e il tempo si srotola secondo ritmi diversi, in mille emozioni "straniere", all'interno di una "parentesi" scritta in corsivo nella trama dell'esistenza quotidiana; allora il nostro "io" sociale (quello che va al lavoro, dà la pappa al gatto, fa la spesa, parla ai gerani, litiga col microonde, va al cinema o a teatro, vede amici, si condivide col mondo), cede il passo a un io temporaneo, "altro" e che vive "altrove", ma poi torna a casa con noi e non ci abbandona più, trovandosi una sua nicchia nella nostra personalità "solita". Sarà per questo che al rientro ci si sente sempre un po' estranei nel proprio ambiente; gli oggetti domestici rimasti come sospesi nell'inutilità durante la nostra assenza, sembano guardarci con sospetto... riconoscono il nostro mutamento e ci vuole qualche giorno per riconquistare l'ordinaria confidenza.
Nuovi equilibri dunque. Nuovi significati per le cose comuni, per la prassi di sempre. Riprendiamo in mano la nostra penna metaforica (o il nostro Tablet se vogliamo stare al passo con le nuove tecnologie) e proseguiamo il racconto di noi, aggiungendo ogni giorno un appunto, un'idea, un momento di bellezza e unicità, sicchè alla sera possiamo pensare che
periodizzazioni, è ora che tutto riacquista il suo "ritmo" consueto, che gli oggetti recuperano il loro spazio naturale e il tempo riassume "volume", dopo il suo sfilacciarsi ozioso nell'omogeneità cronologica della pausa estiva.
Pronti a ripartire???
Ci si
potrebbe illudere che per chi non si è "fermato" il problema del rimettersi in carreggiata non si
ponga... soprattutto se l'allenamento alle rogne è stato garantito da qualche tiro mancino della Tùke (Fato), cadutoci sulla
testa come una banderuola segnavento di ferro battuto bello pesante
(tanto per non citare la solita tegola...), scossa dal caldo Favonio. Eppure la "primavera" settembrina è sempre foriera di novità e ansia.
E se c'è chi ancora non si rassegna all'inevitabilità del nuovo
millesimo (atteso e temuto come come un pacchetto regalo da scartare con
curiosità e
incertezza... entusiasmo per l'aspettativa e preoccupazione per l'agguato della
possibile delusione), è proprio questa l'epoca di progetti,
pronostici, prospettive. Inultile indugiare in un trend di vita quieta ormai illegittima.Si è da poco celebrato il capodanno scolastico, il che significa che l'espressione "vacanze estive" è ufficialmente bandita dall'uso linguistico nazionale per i prossimi 9 mesi...
Fatta questa tragica constatazione, stiamo tutti arrotando le armi... ciascuno a suo modo.
Per noi donne i "postumi" del rientro si riflettono immancabilmente sull'aspetto esteriore: quelle che non vogliono squamarsi come orate o ritrovarsi lucide come pitoni (inevitabile dopo mesi di oli abbronzanti al cocco, creme idratanti all'avocado, doposole al mango... e tutti gli altri prodotti che possano farci assomigliare olfattivamente a una bancarella di Bangkok) si dedicano a ruvidi trattamenti esfolianti, scrub, peeling total body... insomma una bella grattugiata e l'estate è dimenticata! (proverbio o filastrocca?)
Per coloro che invece non sanno rassegnarsi all'imminente pallore e perseverano con ostinazione nella ricerca dell'eccesso di melanina, qualche mente crudele ha ideato gli autoabbronzanti, che conferiscono un effetto dalmata stinto... parodia anacronistica della tintarella.
Tutte siamo alle prese con capigliature da hippy, dalla nuance e dalla consistenza del ciuffo della pannocchia... e non c'è balsamo che tenga; ci vuole una bella sforbiciata (cihe fa rima con la grattugiata di prima).
Risolti questi problemi "superficiali" sarà forse il caso di ampliare lo sguardo alle faccende non liquidabili nell'ambito di un centro estetico (anche perchè di tali questioni dovremo preoccuparci solo per poco, visto che il calzettone si allunga in maniera direttamente proporzionale al discendere della temperatura, e se il clima continua così tra una settimana saremo tutti imbacuccati!).
Quante mamme e quanti papà si trovano alle prese (più dei diretti interessati) con i "primi giorni di scuola"? Dopo il tripudio di colori di matite e quadernoni nuovi (astute lusinghe pensate per rendere meno traumatico il passaggio dal mondo delle coccole e del gioco a quello dei doveri, dei compiti, della disciplina), è ora il momento delle pagine intere coperte della lettera A A a a (e via di seguito per tutto l'alfabeto, cosicchè il primo quaderno d'italiano è esaurito nell'arco di una settimana), dello sgorgare della prima parola "ufficiale" (perchè destinata a permanere come imperitura testimonianza filologica del primo atto linguistico consapevole) dall'inchiostro della biro cancellabile, dei primi arcani o miracoli dell'aritmerica (perchè mai 5x8 dovrebbe fare 40 se già ci pensa l'8x5? Al diavolo la proprietà commutativa!)...
Franco Matticchio, L'indice dei libri del mese settembre 2013, pag. 4 |
Le spiegazioni pittoresche e favoleggianti fornite fino a questo momento alle domande del curioso pargolo non bastano più; agli occhi creduli che ci guardavano incantati come fossimo l'oracolo di Delfi, depositari di tutta l'umana scienza si sostituisce l'espressione scettica e sprezzante di chi esige risposte scientifiche; e la perdita dell'autorevolezza profetica del genitore è sancita dal passaggio dalla professione di fede del "La mia mamma mi ha detto" al culto del "Lo ha detto la maestra" (dove peraltro la soppressione del dativo esprime la validità universale e incontestabile del dogma). Crucci e piaceri della vita scolastica genitoriale!
Che si "seminino" tabelline pitagoriche o cavoli verza, ravanelli e spinaci (ma è periodo anche per lattughino da taglio, radicchio, scarola, bietole e se a qualcuno interessa posso continuare l'elenco nella sezione "ricette"), c'è nell'aria l'attesa di qualcosa di diverso; si ricreano i consueti equilibri e se ne istituiscono di nuovi... Bisogna riaggomitolare il senso dei giorni... Quel senso che non è necessario inventare quando si viaggia, quando la storia si scrive da sè e il tempo si srotola secondo ritmi diversi, in mille emozioni "straniere", all'interno di una "parentesi" scritta in corsivo nella trama dell'esistenza quotidiana; allora il nostro "io" sociale (quello che va al lavoro, dà la pappa al gatto, fa la spesa, parla ai gerani, litiga col microonde, va al cinema o a teatro, vede amici, si condivide col mondo), cede il passo a un io temporaneo, "altro" e che vive "altrove", ma poi torna a casa con noi e non ci abbandona più, trovandosi una sua nicchia nella nostra personalità "solita". Sarà per questo che al rientro ci si sente sempre un po' estranei nel proprio ambiente; gli oggetti domestici rimasti come sospesi nell'inutilità durante la nostra assenza, sembano guardarci con sospetto... riconoscono il nostro mutamento e ci vuole qualche giorno per riconquistare l'ordinaria confidenza.
Nuovi equilibri dunque. Nuovi significati per le cose comuni, per la prassi di sempre. Riprendiamo in mano la nostra penna metaforica (o il nostro Tablet se vogliamo stare al passo con le nuove tecnologie) e proseguiamo il racconto di noi, aggiungendo ogni giorno un appunto, un'idea, un momento di bellezza e unicità, sicchè alla sera possiamo pensare che
"un altro giorno muore, ma noi non l'abbiamo sciupato: il sole è sorto anche per noi e possiamo avviarci al riposo della notte senza la bocca amara di chi ha dissipato un bene irripetibile"
(Gina Lagorio, Un ciclone chiamato Titti)
Marino Moretti: Le prime tristezze
RispondiEliminaEro un fanciullo, andavo a scuola e un giorno
dissi a me stesso: «Non ci voglio andare ».
E non ci andai. Mi misi a passeggiare
tutto soletto, fino a mezzogiorno.
E così spesso. A scuola non andai
che qualche volta, da quel triste giorno.
lo passeggiavo fino a mezzogiorno,
e l'ore... l'ore non passavan mai!
Il rimorso tenea tutto il mio cuore
in quella triste libertà perduto;
e l'ansia mi prendea d'essere veduto
dal signor Monti, dal signor dottore!
Pensavo alla mia classe, al posto vuoto,
al registro, all'appello (oh! il nome, il nome
mio nel silenzio!) e mi sentivo come
proteso nell'abisso dell'ignoto...
In fine io mi spingea fino ai giardini
od ai viali fuori di città;
e mi chiedevo: adesso, chi sarà
interrogato, Poggi o Poggiolini?
E fra me ripetevo qualche brano
di storia (Berengario... Carlo Magno..
Rosmunda.,,), ed era la mia voce un lagno
ritmico, un suono quasi non umano...
E quante, quante volte domandai
l'ora a un passante frettoloso; ed era
nella richiesta mia tanta preghiera!..
Ma l'ore, l'ore non passavan mai!