lunedì 10 dicembre 2012

Apologia della parolaccia



"Le parolacce non si dicono." Ce lo hanno insegnato, detto, ripetuto, imposto subito, insieme al monito di non mettere le dita nella presa della corrente o di non toccare i fornelli... Un secolo fa.
Eppure le parolacce ci vogliono; se esistono, se il (buon?)senso comune le ha inventate è per la loro imprescindibile utilità espressiva.
Servono. Soprattutto quelle di tre o quattro sillabe... meglio cinque, se esistono. Altrimenti si potranno inventare, con astrusi neologismi, calchi, componimenti, neoformazioni con prefissi, suffissi, confissi, e quanti altri strumenti la nostra benedetta, malleabile lingua ci ha messo a disposizione. Tutta questione di allenamento... e raggiungere quota dodecasillabo diventa uno scherzo!
Non occorre pronunciarle. Lo abbiamo capito a nostre spese fin da piccoli, fin da quando per fare ammenda siamo stati spediti in bagno ad arrampicarci sul lavandino per strofinarci la lingua con la saponetta. Pedagogia grezza... Ma esperienza indimenticabile!




Però si possono pensare! E siccome non viviamo in un fumetto possiamo scatenarci! Senza nemmeno sentirci troppo colpevoli...


Tutto sta nella discrezione, nell'impermeabilità. Questione di mimica. Niente smorfie, nessun borbottio, nessuna gesticolazione che possa tradirci; non ticchettare con le unghie sulla prima superficie rigida a portata di dito, non battere la punta (o il tacco) di una scarpa sul pavimento, non arricciarsi con foga una ciocca di capelli lino quasi a strapparsela... Insomma, non accendersi sulla fronte un'insegna luminosa di cafonaggini! Solo tanti bip bip bip interiori, che ci risuonano nella zucca, mentre manteniamo una compita eleganza e un'apparenza di decorosa impassibilà e a ciò che sta facendoci rivoltare le viscere!
Riuscite a immaginare Lucia Mondella o la Isabel di Henry James (magari sulla signorina Stackpole potremmo pensarci un attimo!) che si abbandonano a qualche imprecazione da camioniste? No? Altri tempi? Dite che già Emma Bovary o Dona Flor avrebbero potuto concedersi qualche sproposito lessicale senza cadere nell'anacronismo linguistico?
Forse... ma non solo.
Innanzi tutto bisogna fare le opportune distinzioni: ci sono parolacce e parolacce; parolacce semi-innocenti, eccentriche e frizzanti; inattese come una cascata di accenti colorati che si riversa dall'insospettabile pochette di un'elegante signora, come l'esplosione del tappo di una bottiglia di Champagne: indiscreto ma.... "lecito". E ci sono invece parolaccione indicibili-impensabili-inammissibili, che si smarriscono nella durezza dei loro stessi suoni perdendo significato, declassandosi a pura volgarità. 

Bisogna poi procedere con le opportune distinzioni contestuali.
Una ballerina vestita da popcorn, coi i capelli tanto tirati da non riuscire a chiudere gli occhi, i piedi sanguinanti costretti in microscopiche scarpine con la punta di gesso, che scivoli a caschi con la grazia di un comodino non può non abbandonarsi a qualche espressione colorita... magari mascherata di tulle rosa... ma sempre di parolaccia si tratta!
Qualcuno ha giustamente affermato che "Solo la famiglia della Mulino Bianco si alza senza giramenti di scatole" (ecco la censura inconscia che si fa sentire in me...perchè le parole testuali non erano queste e quindi sto corrompendo una citazione!)... Perciò alle 6.30 del mattino quanche BIP è giustificabile...
Lo stesso non vale però a scuola, in chiesa, a museo, a teatro, durante un matrimonio o la sera della Vigilia di Natale...quando siamo (dovremmo essere) tutti smielatamente "buoni" (rincuoratevi, perchè tutti hanno una cognata-sorella- nuora- suocera antipatica cui fare gli auguri a denti stretti!)... in questo caso i bip devono essere in minuscolo, corpo ridotto e rigorosamente scritti solo nella nostra testa con inchiostro simpatico (ovvero invisibile)!

Per chi intende restare tenacemente aggrappato al proprio spirito da Pollyanna ci sono stratagemmi e cure "omeopatiche" che consentono di esorcizzare la fisiologica necessità di esprimere il proprio disappunto sprigionando fiamme dalle narici... Io per esempio sto sperimentando la tecnica dell'interior design... o dell'interior distruction: "ristrutturazioni estreme"... credo sia anche il titolo di una trasmissione della Fox... Volete mettere come aiuta a scaricare la tensione prendere a picconate una parete dopo una lunga giornata??? Decisamente non sono un tipo da yoga... però ogni tanto salvare le apparenze da "fatina buona" è necessario...
Si dice che "il mondo è una giungla"... ma chi l'ha detto che non si possa attraversarlo con i tacchi a spillo????




3 commenti:

  1. Eugenio Montale (!!!)

    Il pirla

    Prima di chiudere gli occhi mi hai detto pirla,
    una parola gergale, non traducibile.
    Da allora me la porto addosso come un marchio
    che resiste alla pomice. Ci sono anche altri
    pirla nel mondo ma come riconoscerli?
    I pirla non sanno di esserlo. Se pure
    ne fossero informati tenterebbero
    di scollarsi con le unghie quello stigma.

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  2. Che ne dici di attraversarlo veloce veloce......magari su delle più confortevoli nike?

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  3. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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