mercoledì 15 agosto 2012

La boutique dei desideri

"Un chilo e mezzo di grasso d'oca"  

  

Il signor Palomar fa la coda in una charcuterie di Parigi. Sono i giorni delle feste, ma qui la ressa dei clienti è abituale anche in epoche meno canoniche, perchè è uno dei buoni negozi gastronomici della metropoli, miracolosamente sopravvissuto in un quartiere dove l'appiattimento del commercio di massa, le tasse, il basso reddito dei consumatori, e ora la crisi, hanno smantellato a una a una le vecchie botteghe sostituendole con anonimi supermagazzini. 
Aspettando in fila, il signor Palomar contempla i flaconi. Cerca di trovare un posto nei suoi ricordi per il cassoulet, pingue stufato di carni e di fagioli, di cui il grasso d'oca è ingrediente essenziale; [...] alza lo sguardo al soffitto pavesato di salami che pendono da ghirlande natalizie come frutti dai rami del paese della cuccagna. Tutt'intorno sulle alzate di marmo l'abbondanza trionfa nelle forme elaborate dalla civiltà e dall'arte. Nelle fette di paté di selvaggina le corse e i voli della brughiera si fissano per sempre e si sublimano in un arazzo di sapori. Le galantine di fagiano si distendono in cilindri grigiorosa sormontati, per autenticare la propria origine, da due zampe uccellesche come artigli che si protendono da un blasone araldico o da un mobile rinascimentale.
Attraverso gli involucri di gelatina spiccano i grossi nèi di tartufo nero messi in fila come bottoni sulla giubba d'un Pierrot, come note d'una partitura, a costellare le rosee variegate aiole dei patés de foie gras, delle soppressate, delle terrines, le galantine, i ventagli di salmone, i fondi di carciofo guarniti come trofei. Il motivo conduttore dei dischetti di tartufo unifica la varietà delle sostanze come un nereggiare d'abiti da sera in un veglione mascherato, e contrassegna l'abbigliamento da festa dei cibi.
[...]  Lo splendore delle tartine di salmone raggianti di maionese sparisce  inghiottito dalle oscure borse dei clienti.[...]
Il signor Palomar vorrebbe cogliere nei loro sguardi un riflesso della fascinazione di quei tesori, ma i visi e i gesti sono solo impazienti e sfuggenti [...]. Nessuno gli sembra degno della gloria pantagruelica che si dispiega lungo le vetrine e sui banchi. Un'avidità senza gioia nè gioventù li spinge: eppure un legame profondo, atavico esiste tra loro e quei cibi, consustanziali a loro, carne della loro carne.
S'accorge di provare un sentimento molto simile alla gelosia: vorrebbe che dai loro vassoi i paté d'anatra e di lepre dimostrassero di preferire lui agli altri, di riconoscere in lui il solo che merita i loro doni, quei doni che natura e cultura hanno tramandato per millenni e che non devono cadere in mani profane!
[...]
Si guarda attorno aspettando di sentir vibrare un'orchestra di sapori. No, non vibra niente. Tutti quei manicaretti risvegliano in lui ricordi approssimativi e mal distinti, la sua immaginazione non associa istintivamente i sapori alle immagini e ai nomi. Si domanda se la sua ghiottoneria non sia soprattutto mentale, estetica, simbolica. Forse per quanto sinceramente egli ami le galantine, le galantine non lo amano. Sentono che il suo sguardo trasforma ogni vivanda in un documento della storia della civiltà, in un oggetto da museo.
Il signor Palomar vorrebbe che la coda avanzasse più in fretta. Sa che se passa ancora qualche minuto in quel negozio, finirà per convincersi d'essere lui il profano, l'estraneo, lui l'escluso.

("Palomar", Italo Calvino, Mondadori)

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