"Un chilo e mezzo di grasso d'oca"
Il signor Palomar fa la coda in una charcuterie di Parigi. Sono i giorni delle feste, ma qui la ressa dei clienti è abituale anche in epoche meno canoniche, perchè è uno dei buoni negozi gastronomici della metropoli, miracolosamente sopravvissuto in un quartiere dove l'appiattimento del commercio di massa, le tasse, il basso reddito dei consumatori, e ora la crisi, hanno smantellato a una a una le vecchie botteghe sostituendole con anonimi supermagazzini.
[...] Lo splendore delle tartine di salmone raggianti di maionese sparisce inghiottito dalle oscure borse dei clienti.[...]
Il signor Palomar vorrebbe cogliere nei loro sguardi un riflesso della fascinazione di quei tesori, ma i visi e i gesti sono solo impazienti e sfuggenti [...]. Nessuno gli sembra degno della gloria pantagruelica che si dispiega lungo le vetrine e sui banchi. Un'avidità senza gioia nè gioventù li spinge: eppure un legame profondo, atavico esiste tra loro e quei cibi, consustanziali a loro, carne della loro carne.
S'accorge di provare un sentimento molto simile alla gelosia: vorrebbe che dai loro vassoi i paté d'anatra e di lepre dimostrassero di preferire lui agli altri, di riconoscere in lui il solo che merita i loro doni, quei doni che natura e cultura hanno tramandato per millenni e che non devono cadere in mani profane!
[...]
Si guarda attorno aspettando di sentir vibrare un'orchestra di sapori. No, non vibra niente. Tutti quei manicaretti risvegliano in lui ricordi approssimativi e mal distinti, la sua immaginazione non associa istintivamente i sapori alle immagini e ai nomi. Si domanda se la sua ghiottoneria non sia soprattutto mentale, estetica, simbolica. Forse per quanto sinceramente egli ami le galantine, le galantine non lo amano. Sentono che il suo sguardo trasforma ogni vivanda in un documento della storia della civiltà, in un oggetto da museo.
Il signor Palomar vorrebbe che la coda avanzasse più in fretta. Sa che se passa ancora qualche minuto in quel negozio, finirà per convincersi d'essere lui il profano, l'estraneo, lui l'escluso.
("Palomar", Italo Calvino, Mondadori)
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