venerdì 6 aprile 2012

Uova e Pasqua


L'uovo è metafora del ciclo eterno della vita e del ritorno delle messe dei campi, ragione per cui gli antichi romani tramandavano l'usanza di seppellire nei loro terreni un uovo dipinto di rosso per propiziare il raccolto. Nelle scene tombali di banchetti etruschi, i commensali sono raffigurati con in mano delle uova, simbolo della vita che si rinnova e del percorso verso la rinascita che il defunto avrebbe compiuto nell'aldilà. 
Famosa è l'espressione "de ovo usque ad mala", che significa "dall'uovo alla mela" e fa riferimento alla usque successione delle portate nel corso del pasto e, per estensione del significato, allude alla completezza di un'azione. Ancora oggi la cultura popolare considera il tuorlo avvolto dall'albume come il sole circondato dalla luna, perfetta sintesi dell'elemento maschile e femminile.
Proprio da questa positività dell'uovo (emblema evocato spesso anche nel contesto dell'arte sacra), questa sfera imperfetta (reale o riprodotta) è divenuta anche un simbolico dono scambiato durante le feste primaverili in segno di buon augurio, fulcro della tradizione pasquale. 
Sembra che l'usanza di regalare uova colorate derivi dai Persiani, mentre il costume di scambiarsi uova al cioccolato con sorpresa è nato nel Seicento: i pasticceri delle corti europee trassero spunto dall'antica tradizione medievale di corte che in primavera faceva donare gioielli di forma ovoidale come augurio di prosperità. 


Oltre a rivestirlo di numerosi significati allegorici, già le antiche civiltà si accorsero che questo alimento rappresentava una fonte di energia e vitalità; il "De re coquinaria" di Marco Gavio Apicio colloca le uova sulle tavole dell'Antica Roma, cucinati in modi che per noi (ma non per altre culture come quelle orientali) sembrerebbero disgustosi (in salsa acida di vino o di pesce fermentato...). 
In passato proprio l'uovo, fondamentale anche (presso Romani ed Etruschi) per la preparazione di salse e dolci), era un alimento di prestigio, appannaggio delle tavole più prestigiose: quelle dei faraoni e dei nobili. Nel Cinquecento questo carattere "élitario" delle uova, suscitò dubbi e problemi legati al galateo: nel consumare l'uovo alla coque si doveva pulire l'interno del guscio con le dita? Addirittura Erasmo da Rotterdam si scomodò a rispondere che forse sarebbe stato più elegante utilizzare un coltello o la crosta del pane.
Achille Campanile, nella raccolta "Vite degli uomini illustri", narra il racconto intitolato "Dante e l'uovo": interrogato da un passante su quale ritenesse essere il cibo più buono del mondo, il poeta avrebbe risposto "L'uovo". Passato un anno, lo stesso interlocutore lo fermò nuovamente e gli chiese "Con cosa?", e Dante (famoso per la buona memoria) gli avrebbe risposto: "Col sale".
Durante il Medioevo la Chiesa Cattolica inserì questo prodotto animale tra quelli vietati durante il digiuno; così le popolazioni della campagna iniziarono a conservare le uova fino alla fine della Quaresima. 
Dalle sperimentazioni compiute dai nostri avi nacquero deliziose salse e preparazioni varie (zabaione, frittate, ecc..). Tra i metodi che le rendevano più durevoli si annovera l'impasto (oggi forse poc apprezzabile) con cenere e acqua marina, o con grasso di mondone disciolto al calore e lasciato intiepidire...


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