Collocarsi, darsi una defiizione, una posizione, uno
status; scegliersi una professione, un ruolo, una funzione sociale... Incasellarsi, fermarsi, fossilizzarsi, cristallizzare. Come si fa a scegliere chi essere, cosa diventare, come presentarsi al mondo? E quando giunge il momento di farlo? Fino a quando è lecito mantenersi in uno stato amorfo di indecisione e indefinizione?
E' più spaventosa l'incertezza o l'idea di compiere scelte irreversibili, magari sbagliate? E' proprio vero che si può sempre scegliere il proprio futuro? In qualsiasi momento e in ogni circostanza? No.
Per distrarmi da questi amletici dilemmi esistenziali, ho cercato conforto negli spot pubblicitari... dove si ha la certezza di poter sempre trovare qualcuno che "sta peggio di noi". Penso per esempio alle testimonial di alcuni yogurt... (non faccio nomi tanto sono inconfondibili!), le "amiche del Bifidus", marchiate a vita dall'infamia del ventre gonfio e dalla dipendenza da un frigorifero verde... O ancora mi riferisco a quei poveri individui che per campare si sono piegati a vestirsi da "setole pulsanti" di uno spazzolino elettrico, e saltellano con le loro tutine aderenti blu o bianche (probabilmente rubate agli ex protagonisti dello spot dell'Actimel, i fermenti lattici umanizzati e ormai misteriosamente scomparsi... forse sterminati da qualche antibiotico intestinale)... Alcune esperienze ti marchiano a vita! Dopo simili performance, per recuperare la dignità bisogna come minimo cambiare stato (se non cercare lo smarrito amor proprio sulla Luna come Orlando furioso... che a dire il vero aveva smarrito il senno...ma tentar non nuoce mai).
Io non ho ancora ben chiaro cosa voglio essere... A dire il vero non sono affatto sicura di voler essere "definibile"... Mi sento un poliedro... Ho troppe facce (e troppi spigoli?) per essere appiattibile su un'unica superficie... Voglio vivere in 3D!
Non me la sento di perdermi, di squadernare la mia personalità riflettendomi nei "ruoli" degli altri... Non voglio ridurmi ad essere solo "la figlia di", "la moglie di", "l'amica di"...
E per sfogare la tensione di questa temporanea "incollocabilità sociale" me la sono presa a morte con l'ennesimo dipendente TeleTu, che ha avuto la malaugurata idea di chiedermi "Parlo con la moglie del Dottor Berra?". COME?????? Io come ME STESSA non conto niente? Bene! Visto che sono la moglie e non la segretaria, e che mi chiamo Di Paola, non ho il dovere di perdere tempo con le offerte telefoniche!
Non so cosa bisogna fare per assumere realmente il possesso di quella identità che evidentemente non bastano a conferirci nè la nascita nè l'iscrizione alle anagrafe! Non basta avere un volto, un corpo e un peso specifico? E il nosto nome a cosa serve? Mi fa sempre una grande impressione quando in qualche ufficio pubblico mi chiedono di specificare la mia data di nascita per distinguermi dalle omonime... 3 con il mio stesso nome solo all'università, una ventina a Milano... Fa effetto! Ci sono altre decine di persone nel mondo che almeno sulla carta sono "identiche" a me... Uffa!
Vorrà dire che sul frontespizio del mio primo libro dovrò specificare "Chiara Di Paola, moglie del dottor Berra, consapevolmente indefinita e volontariamente indefinibile, ovvero libera!". Oddio, così sembra piuttosto l'iscrizione di una lapide! Però funziona!